Crederci

Avevo creduto
come un bambino
Le ossa, frantumate
nella polvere
rivolte al sole che
non perdona

Fui guitto, per adescare la parola
in quel rivo di disprezzo, che ancora
mi addolora nella veglia.

O giubilo delle fresche rimembranze
Quanto fischia il suono dell’elemosina
per piombarmi oggi, braccia e faccia
nella scoria dei nostri sospiri?

Avevo confidato;
questa è la mia più grande malattia?
mai udita fu tale eresia?
Siamo forse bottini?

O prede in quell’avvolgere
crini per occhi e fuscelli.
Imbevuti di facezie
e solidale amnesia.

Furiosi noi
flettiamo indomabili
il nervo che ci percuote

con questo cipiglio
gridiamo “amore!”

E nulla più conta
quanto un sorso
di rancore
per le nostre
orecchie

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