Vengo a te
sopra un dorso di fiato, che smuove
poggiandoti il seme in tempi sfibrati.
Ci siamo osservati
e mi nutrivi negli occhi;
aspirando il mio cielo
di spilli notturni.
Ho dato il tanto che dà
un monsone d’inverno; amore mio
E non mi spreco,
non mi spreco sul tuo corpo.
Qui, adesso per te
una voglia sul lenzuolo
a ricordo
di quest’inno che ci svolge
tra promesse a pugni schiusi.