Ti chiederò di tornare
alla nostra Bisanzio,
dai piedi risalire
fino dove sei rimasto
fino dove ci siamo spellati
in transizioni scapolari
nell’anticamera dei battiti
a riaffiorare sul tempo,
che secerne al granaio
ogni suo chicco
imparato a memoria
origliando il dolore
scavato nel mio nome.
Come discepolo
al mio tavolo siedi
a giustificare la caduta
e poi, insieme
a confidarci resilienza
sabotando gli stormi.
Guardinghi nel vanto,
pressappoco miti sullo schianto
nel debutto di un sigillo,
che combacia striature amaranto
navigando a vista.