Broken Side

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Quando hai perso la grazia, in che bicchiere è scivolata l’ultima saliva
forse mentre cucinavi le ossa di Caino che continuavano a chiedere
[spiegazioni
oppure lungo il cammino per la spiaggia di Normandia?

erano certamente giorni di impazienza tra un vangelo e una puttana
con la lingua impigliata al filo spinato di Dachau
si, forse è lì che non hai più trovato spiccioli in tasca né colori
[da seguire
nei soggiorni affannati sulle creste dei miserabili troppo vicino a
[quelle bocche
dal tanfo perforante e sui tornanti discendenti nei bassifondi della
[lealtà dove
una mano alta e aperta indicava una Roma decaduta da millenni o un
[pugno chiuso
racchiudeva storie di freddo e vodka…
che cosa cerchi ancora se non hai passato uomo della terra
una volta divino quanto zeus che pisciava sulle capre
[dall’utero deforme
per volontario tentativo di simmetria (povere loro d’intelletto fossile)
ma cosa disse poi il folle barbuto se le parole più belle le si impigliarono
[tra i peli

ungiamo il babbuino con l’olio santo, magari si riprende!

dove, in che buio hai perso la speranza dei cimiteri il cui senso
[era conservare
o nascondere la vergogna d’essere esistiti, ché in nessun pianeta che
[ho visitato
ho visto una croce (la runa del dolore)
una voce polimerica ricorda di svoltare a sinistra senza presunzione
[di corrispondenza
solo per tentare di avviare un ricorso senza storia che la mente
[ha cercato di cancellare

*

un vecchio mi racconta del suo cane, che quando morì
lasciò la traccia nel sudario Bughi, mi pare lo chiamasse
ma era ossessionato dal non sapere il nome vero
si chiameranno in qualche modo i cani -diceva-
non saranno certo numeri come noi nel nome della libertà
e di una intelligenza che neanche ci appartiene

non ci pensare amico mio, la verità sta altrove
molto dietro questi vestiti

*

il collare di chiodi stringe le parole e fa passare solo cadute

che ne sai tu del dolore che acceca che brucia le ossa
[prima della carne
che raggrinzisce i sensi e le lunghe tracce del cammino fino a lì
che ne sai mio Dio del dolore
vedo lasciare questi pacchi immobili, grumi incartati senza cura
lasciati da un soffio o dall’uragano , dalla marea o dal gemito
[del giglio
quanto cambia se l’anima fuma ancora dopo l’incendio

la speranza china sulle pietre -non è pane vorrei gridare- sono occhi
schiantati sulla sabbia, occhi d’angeli che si dimettono
per ripetere il karma, occhi tolti coi cucchiai d’argento
strappati dal dono della mente ma chi può strappare gli occhi agli angeli

le fruste di pietrisco fanno male anche ai morti che sanno d’esserci
sotto tutto quel buio lenti lentissimi con voci solo per i cani
con un dolore nuovo a forma di croce che separa e brucia
[l’ultima risorsa
quella luce in fondo che divide i pianti e lascia sull’asfalto un fango
anch’esso nuovo, quasi un sorriso

*

vorrei che fosse un nuovo mattino simile alla prima alba dopo il diluvio
e vedere ricrescere sani gli arbusti di ginestre senza schiamazzi
con poche righe scritte sui nuovi sassi e una eva certa di non
[essere ingannata
e vorrei accanto a me un buon Giuda che diriga le operazioni di rinnovo

saltare le corone e le stellette, in mano una zolla umida
[e un po’ di corda
ma leggera per unire colori senza garze o passi di montagna

*

mi torna in mente un bambino con gli occhi scoloriti dalla delusione
un piccolo stendardo alla graziosa fame ingentilita da un euro
che mette a posto la coscienza attraverso un telefonino
un atto di carismatica cortesia panno odoroso che tira via
[la feccia dal costato

e torna in mente maleodorante e tante mosche sul viso fino alla ripresa
della sinusoide pubblicistica, giusto per creare direzioni e stellette
che al colonnello appaiono indiscutibile disciplina per la posta in gioco
dove il gioco è un sentimento e la posta pure, a costo zero
[e senza tassazione

e torna in mente distratto dalla telecamera alla ricerca
[di quel tanto non sapere
da trasmettere mentre mangi uno spiedino più magro del
[bambino perché oggi
è giorno di basse proteine -dice la dieta- ché domenica
[non ti puoi mostrare
coi sei etti in più sui fianchi o la cannula ingiallita
[da un amido cattivo

ma di che cazzo stiamo parlando regista di colore che vendi
[la tua vecchia fame
ai satelliti occidentali per qualche briciola di cacca impiastrata
[fra due dollari
(specchietti per gli allocchi) per disagio da girare in Grecia
[e replicare a casa tua
proprio sotto la ghirlanda con su scritto “gli amici, tutti”,
[e vaffanculo mondo

*

negli occhi di mia madre c’è una guerra antica
[che non si lascia leggere
ma svela a tratti i disagi dei ’40 con bucce di patate a pranzo
e spesso, un po’ di niente a cena con sofferti silenzi
[interrotti dagli aerei

negli occhi bambini c’è un’assenza qualcosa
[che raggela l’ultima parola
e non lascia coltivare le speranze strappate
[ai muri diroccati
da chi per gioco -perché quello è- si riempie di potere

gira mondo gira…

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