BUDDHA STEREOFONICO

Sta cominciando, la mia chitarra suona dolcemente, oh, sta cominciando.

Sei seduta, aspetti che ti racconti la mia storia, ma la musica freme, io e te lo abbiamo ucciso, abbiamo ucciso, nostro padre se ne sta morto con la cravatta verde del novantatré, quando tu neanche eri nata, la bava alla bocca del soffitto(il nostro soffitto ha sempre sbraitato), adesso sta cominciando, aspetta che prenda la rincorsa, IO NON SO PERCHE’ QUALCUNO TI HA TENUTO SOTTO CONTROLLO. Abbiamo avuto un bel coraggio, ora guarda fuori dal palazzo, c’è una persona nella posizione di Vairochana, tutto gira intorno a lei, sta fluttuando come la copertina di un CD di metà anni novanta. Non ti sembra che sia tutto molto facile? Il tranquillante è sotto la lingua, non essere sciocca, non ho un’erezione, abbiamo avuto un bel coraggio di chitarra elettrica, ho avuto una bella faccia da muratore per cinque anni.

Aspetta, oggi è il tuo compleanno? Sorellina siediti un attimo, c’è tempo per seppellire nostro padre, se ne sta coi capelli tagliati perfettamente e le basette bianche, non hai mica avuto molto tempo per comprare la pistola, un colpo in mezzo alla fronte nel silenzio, un colpo diretto nel bianco torpore, la mia chitarra suona dolcemente, e guardo tutti voi dalla vetrata del decimo piano, o forse il nono, aspetta un attimo che faccia effetto, il popper ti fa soltanto ridere, due secondi una botta in testa, ma credi che dovremmo fare un attestato su droghe leggere pesanti sulle nostre narici come torri? Babele, ti ricordi quando ti chiamavo Babele, non sappiamo nemmeno cosa sia, o forse era Freddie Mercury, ritrova un attimo il tuo pianeta senza sbattere le mani di qua e schiantare cosce sul mio petto, abbiamo gli stessi capelli neri, ma tu hai voluto cambiare colore, il sangue di nostro padre a fiotti dal naso, liquido ancestrale, forse come gli egiziani, ce l’aveva un cervello bello grosso, pesante, con la faccia tra 007 e Gabriel Garcia Marquez, tu prendigli i piedi, ti voglio un attimo dire di quella cosa lì, Fidel Castro, ho stuccato e riparato e preso sole per cinque anni, ma mica la Cuba l’ho scordata. Era nostro padre, col collo gonfio di ordini a dirci di Fidel, Marquez gli stava sempre al lato destro, lo sapevi? Attenta che non ti scivoli troppo, credo che i vicini non ci siano, ma aspetta, chi ci abita qua sotto? Prendiamoci un altro po’ di tempo, non penso che le pistole facciano rumore, non capisco, non ti piacerebbe avere una cella e dividerla io e te? Mi sento come un leone, se avessi un leone, anzi anzi, senti qua SE IO FOSSI UN LEONE, mi chiamerei Fidel, oh cristo, aspetta che voglio ricevere la luna in qualche parte del mio corpo e starci seduto sopra come quella persona fuori dal palazzo, nella posizione di Vairochana, fluttuante come la copertina di un CD di metà anni novanta. Me la ricordo bene questa parte della canzone, è forse ricominciata? Dice: GUARDO IL PAVIMENTO E VEDO CHE E’ DA PULIRE. Ma tu te lo ricordi nostro padre quando in canottiera non smetteva un attimo di riempirsi i polmoni? E’ stato giusto ucciderlo, non chiedermelo un’altra volta, adesso prendiamogli mani e testa, metti il suo cappello nel baule, attenta che schizza tutto, la tua maglia potrebbe sembrare il cranio di Andy Warhol, tienilo stretto che ce la posso fare, il letto va bene e adesso cominciamo, non credo che la gente possa sentire il rumore di un uomo fatto a pezzi al decimo piano di un palazzo, tu che dici?

Se gli vuoi disegnare qualcosa addosso dillo subito, aspetta, una pinta di Talisker è quel che ci vuole, il cane lo ha sempre lasciato da solo, adesso è al parco, cristo, verdi colline.

Ascolta un attimo, questo è il rumore del suo femore, tu lo sapevi che il nervo tibiale è la più grande struttura nervosa della parte posteriore della gamba? Premi forte, mi metto gli occhiali così non mi schizza niente negli occhi, dicevo, premi forte che magari vediamo la gamba fare qualche gioco, tentare di darci un calcio, è sempre stato buono con noi nostro padre, aspetta, non succede niente, peccato, godiamoci il rumore, credo che il disco si sia interrotto, ah no, ha ricominciato, credo sia sia fissato soltanto con questa canzone, comunque tagliagli la testa, non preoccuparti, un taglio netto, così che non ci ricorderemo più di che colore erano le lenzuola, bravissima, vedi? Ti avevo detto di indossare un pantalone più lungo, dopo ci infiliamo nella doccia, anzi, lasciamo tutto così, vieni con me, ti porto a lavarti di ogni peccato, sai che? Non capisco questo tuo attaccare la voce alla punta della doccia, se appanniamo i bordi possiamo scriverci le peggiori porcate, aspetta che passi la notte, loro sono stati deviati quanto noi, sono stati corrotti quanto noi, chiuderanno un occhio per i due figli assassini di un fanatico di leader assassini, no?

Ti sembra che questa sia la luna? Hai ragione, prendiamoci tutta l’abbronzatura lunare fra le costole e il cuore, abbracciamoci come i fratelli che siamo sempre stati, questa canzone dura quattro minuti e quarantacinque secondi, ma io e te quanto ci abbiamo messo per tagliare la testa alla fine di ogni cosa? Mi sento come un toro, seguimi seguimi, sto per raggiungere una costellazione diversa, sediamoci con le gambe incrociate, fai come me, bisogna espirare ed inspirare, espandere la propria voce di fronte alla nostra finestra, come se noi avessimo ucciso nostro padre, come se gli avessimo tagliato la testa sulle lenzuola azzurre, vedo ancora i suoi occhi fissare il soffitto a gran voce, ma siamo qui, perfetti e trash come la copertina di un CD degli anni novanta, abbiamo fluttuato fino a questo punto e possiamo vederci mentre ci facciamo una doccia di sangue, oppure stiamo ascoltando i Beatles? Lascia che espanda il mio furore in tutto l’universo, mentre la mia chitarra suona dolcemente.

 

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