chiedo

è appunto questo che dico: mentre nasco ancora verso l’una: che non si stacca così una parete di giorni dalla schiena- col sudore infinito di ore nelle ossa- se non hai almeno l’altezza della luna sotto i piedi o questo collo mozzo nel petto a bruciarti -se non hai il nervo della libertà alla gola
e chiedo ancora guardandoti
guardando il lento assassinio del sole dal tuo imbuto di vetro
se questo costruire specchi ha un senso di vita o di morte
che tiene intatto l’occhio e lo trasforma o è solo un sospendersi al volo un alzarsi camminando
e ti chiedo:
che te ne fai tutto piegato a scrivere dentro la tasca della notte?
che te ne fai dell’infinito tremore di un tasto sulle dita?
forse trattieni un transito d’amore
e speri sempre speri
che un dolore
a caso
ti scopra

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