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La città che sgombra, s’ingombra s’inonda.
Mi chiedo le persone sul far della sera
che cosa si dicano in strada
tra il sole che canta l’abisso
e la luna che risponde a dispetto.
Un’ala di fuoco s’andrà celando nel vespro
come un cataclisma nascosto;
avrà pochi cantori invece del sonno
cui rinnovare ogni sera il suo pianto:
pazzi innamorati e bimbi di passo,
da sprazzi di cielo e finestre di specchio,
che s’aprono di smania tra bave di vento
dall’urlo dell’ultimo isolato violento.
Vorrei, sotto i portici inanellati di gelo
dal mio bicchiere di bourbon al banco del mondo
disegnarti gli sguardi a calmare la sera
come il baco nel bozzolo a filare la seta.