Cronache di quartiere: Ginny la puttana

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A Ginny se proprio non andava giù una cosa, era che le dicessero cosa fare del proprio corpo.
Da anni ormai nonostante la giovanissima età aveva imparato l’arte del sesso. Sapeva bene che le sue curve potevano fruttare, e cazzo, visto i suoi trascorsi da morta di fame, perché mai non avrebbe dovuto approfittare di una così ghiotta soluzione per i propri problemi.
Ginny aveva sempre una camicia bianca che teneva leggermente sbottonata sul davanti. Oh noi da pischelli ci perdevamo gli occhi in quella scanalatura. Era come se tutto il nostro mondo finisse dentro la morbidezza di quei seni vellutati.

E quante, quante seghe.
A scorticarsi l’uccello chiusi in bagno . Occhi serrati mano stretta e zum zum zum, e zum zum zum, senza pietà.
Nei giorni fortunati se andava bene la incontravi lungo la strada per tornare a casa da scuola, e questo, spesso non faceva che aumentare quelle che già al naturale erano pulsioni continue.

Io abitavo a poche centinaia di metri da lei. Stavo nel palazzone popolare di Nichelino che chiamavano “le carceri” , lei invece, in uno di quei tre palazzi colorati. Uno era azzurro, uno rosso e uno giallo. Avevano un colore pastello così deprimente, che spesso mi sorprendevo a ragionare su come un pezzo di fica così, non fosse da tempo scappata da tutta quella merda. Il quartiere era quel che era. La costruzione di palazzi popolari in quegli anni, era come una fottuta malattia contagiosa e le case venivano su come funghi dal nulla. Tutti colorati in modo diverso, senza un minimo di concezione urbanistica né architettonica. Già… In quei favolosi anni ‘80 le mazzette agli assessori per la costruzione di orribili devastazioni come il mio quartiere, crescevano in modo esponenziale in base ai mattoni appoggiati dai mafiosi di quel tempo.
Ginny stava lì, accalcata in una di quelle latrine. Riceveva i suoi “clienti” in casa sua, che al tempo era un gran lusso. Ospitava ogni tipo di razza umana. C’erano dottori, avvocati, costruttori; gente insomma, che se la passava bene e che certo non abitava nel quartiere.

Passarono gli anni, io come tanti me ne andai per cercare un qualche futuro da qualche altra parte, anche se oggi come allora, al pensiero della parola futuro, mi viene in mente sempre lei: Ginny
La puttana Ginny, la fantastica Ginny.
Lei che in qualche modo rallegrava le giornate dei ragazzacci e dei derelitti con un mezzo sorriso o con una minigonna succinta.
Noi che poi
sognavamo di lei e che mai, mai,
neanche una volta,
la sfiorammo con un dito

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