Osservo partorire il sole
in un alito di vetro.
Il bagliore della rinascita, riflesso
in uno spillo di gentilezza.
L’allegria, lì si sporge
ad un passo dal ventre
in quell’amabile tormento
che riecheggia come un dattero
in note chiaroscuro
Da quelle altezze
con mani di silenzio snervo il buio
attingendo sangue e devozione
dalla sete d’armonia
Quel ritmare di fughe
sottratte al chiarore
di fuochi nativi
Battuti e percossi
come tendoni da circo
nel vuoto contro vento
di una finestra
socchiusa
.