Una piccola poesia (di Olivier de “I miagolatori di Via San Gallo a Firenze”)

olivier

 

 

Il vestito da fanciulla più chiaro,
Come un sole inaccessibile
Che portava con lui la luce maggiore
Nel vasto cielo preso come bersaglio,
Ecco che quel abito bianco,
Una sera, vicino vicino a me si avvicinò.
Ed ecco che l’abito bianco
Ebbe dall’emozione la voce rotta,
Il vestito da fanciulla più chiaro
Ebbe per me un lungo sguardo.
In cuor mio fu una valanga.

Ma nessuno ha sentito la canzone
Cantata al vento, sfuggita
Insieme al vento all’unisono.
E chi parlava? L’ora tarda?
Una birra dal gusto di limone?
Chi parlava nella notte bella
Di mar, di vento, d’amor, di morte?
Pelle zuccherata e voce fruttata,
In fondo alla bottiglia è magia.
Di quell’ora alla sprovvista
Mi è rimasta nostalgia.
Ci fu una bella sera soltanto, bottiglia
Al mare, tra spada e cera,
In cui tra i possibili scegliere

Quello che destino desiderava.

E come una volta a Venezia
La nobiltà di terraferma,
Respiravo profumi del mare
Nella schiuma di una carne soda
Dalle cento scie di vaniglia.
Dove sono  vertigini degli Dèi,
Dove sono palme e dove, balsami,
Balsami preziosi dei giochi delle mani?
Così fui nei miei momenti gravi.
Momenti diamanti e d’amanti.
Era tempo di rispondere,
Qui o mai più, di fondersi
Nel fuoco o nella solitudine
Dell’Acropoli, lassù.
Ahimè! non c’è mai nessun domani
Se uno non ha sfiorato il tasto
Del pianoforte a quattro mani
Di una bocca di pesca peccaminosa.

L’abito chiaro da fanciulla, che piangeva,
Stampò la sua bocca di pesca
Sulla mia guancia, in un angolo della bocca.
E i nostri occhi si riempirono di lacrime.
Poi rimasi solo nella città
Deserta, sotto un lampione.
E il sipario era caduto
Sotto le stelle d’Italia
E le stelle impallidirono,
Meno chiare dell’abito da fanciulla chiaro.
Tra notte e giorno, sulla soglia
Dell’alba dove gli uccelli fischiavano,
Sgorgò una canzone greca, gioia e lutto.
Notte e giorno, ecco la morte,
Vestiti di lino, abiti di seta,
In vent’anni ogni città cambia,
La mia vita è esilio e prigione.
Che la morte sia, degli Inferi, l’angelo!

Questa storia, la sapevano
Una volta, i marinai di Bretagna,
I banditi di Angers e di Rueil.
Piangi con me, vecchio Villon!
E anche voi, marinai di Napoli,
Nelle vostre canzoni senza fine al dolor,
Non lasciatemi piangere da solo.
Sono senza strade, alla mia età,
Lei ha cento sentieri, a venti,
Vestito chiaro che porterà via il vento
Che porterà via anche le nuvole.

Tu che sarai sempre in vita
Quando sarò uscito dalla strada,
Hai mai saputo che era il momento,
Hai saputo che ti ho amato così tanto?
E così si sprecano le ore
Delle nostre notti, la mia e la tua,
Le nostre notti che sono simili,
Notte e notte, e così sia,
Mai unite insieme.
Il percorso mai intrapreso
Avrebbe potuto sorprenderci.

E quando le colombe canteranno
Nel piccolo mattino toscano
Se tu passi vicina alla mia tomba,
Ricordati sempre che quando
Un cuore muore, tanti segreti muoiono.
Andate, piccoli miei palloncini colorati
Al vento che non tornerà più!
Ma tu, se alzerai gli occhi
Un giorno verso il cielo di ottobre,
Chissà se ci vedrai
I miei piccoli palloncini colorati?
E il giorno appanna la scintilla,
Ecco che arriva la sua morte
Quando prima del primo sole,
Capisco che dentro la mia notte,
Avrò scalato uno specchio
Senza mai attraversarlo.

Ciò che fu, ciò che non fu:
Il vestito da fanciulla più chiaro,
Un’emozione degna di Errol Flynn
Sotto le stelle d’Italia,
Un dramma grande d’amore greco.
Le ragazze hanno l’età del mio esilio.

 

 

 

di Olivier de “I miagolatori di Via San Gallo a Firenze”

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