Duemila quindici anni

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Resteremo tutti
come mele appese:
immobili

La polvere degli anni
rappresa sul torsolo del petto
in un lento predicato di pezze
scucite d’usura e violenza

Della polpa di un tempo
piangeremo un addio
spremuto dal ramo
secco, come una via
da troppo esplorata

Sono incredulo
a volte
e

Vorrei essere ottimista.
Schivare strali di sorrisi
o allungare braccia
alla ricchezza

Vorrei, pronunciarmi in merito
al merito dei meriti sull’Umanità;
Che non si scompone
Che resta glabra, liscia come olio,
pulita come piastra in porcellana

Vorrei masticare
l’orgoglio ciancicato

dimenticando in quell’altrove
lo sgomento d’ ogni giorno
affacciato su una folla
inzuppata di preghiera

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