finché tutto scompare

ancora non gli è chiaro cosa suona e perchè
per quali arterie sotto quali ombrelli si ostina; se intende
le ragioni oppure qualcosa gli detta i gradi minimi
per cui ricanta:
si chiama inverno, si chiama casa, treno, pulviscolo
fa la fila alla posta, acquieta;
si chiama padre,
tiene l’acqua tra i denti, ascolta.

Qualcuno al centro della pagina mi chiede la parola.
Alzo le mani dico: tiratemi dal cuore
e la parola pianta
s’allunga
filo a filo, accorda, diluisce, emenda,

finché tutto scompare

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2 Comments

Come un sogno esprime il reale e la sua contraddizione per cui è una cosa o l’altra, suona, non sa che suoni, canta, non canta, si chiama inverno, si chiama casa, treno, pulviscolo.
Le immagini si fanno parola mentre sorgono dal “fondo del cuore” con le loro espressioni ambigue tal quale l’intima struttura che concepisce il bianco se e solo se allo stesso tempo riconosce il nero. “Finché tutto scompare”, sembrerebbe, col farsi del giorno e della veglia. Ma rimane un sognare a occhi aperti.

grazie per la lettura e per la nota, Gennaro, molto favorevole e vicina alle sensazioni, alle tensioni, ai nodi (talora irrisolvibili), che i versi volevano esprimere.
Giovanni

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