Ho esaurito il passo
sopra un giro di punte
svilito, in un pentagramma
precompilato, che progettavo
come sinfonia
Ma, le scivolose nenie borghesi,
danzano nelle mie notti.
Mentre i tacchi della maldicenza
riflettono spigoli della comune falsità
Inoltrando le tempie sulle pietre
passate, mi resta fresco solo l’odore d’antico
Ed ogni sporgenza arretra,
sul franare d’un ideale che sa
di legno al tarlo e di cliché
Impossibile percepirne la giovinezza, ora.
Dei gigli, ogni petalo avvizzisce svanendo
quasi quanto i Quanti presi di mira
nell’immediato
E’ l’alchimia mondana che mi disarma,
esplodendo i soli di mezzogiorno, lentamente;
Mentre d’ogni goccia si ferma l’istante
dilatando il reale, in una caduta infinita
d’algoritmi imprecisati
– Così! ogni passo aitante si placa
In una fragranza d’amara torba
secca come il Gin.
Docile addolcente liquido,
delle mie giornate
matematicamente solitarie,
quanto le mie idee