Ho contato le punte
Le campane stonate
nel volo di una mosca
Poi
Ho contato i secondi
dentro la mia mano
Ogni piaga e riga
in quei cicloni di minuti
E la polvere
La polvere s’è adeguata
Mi ha sollevato dalla merda
mentre annegava lo splendore
del mio pene rattristato
Ché dopo il guscio noce
e la sua dura perversione
Il triste vuoto
di una vita senza polpa
Questo il ricordo
della notte che mi sveglia
– Il declinare contorto della gioia
al rintocco delle lampare –
Etereo
come un qualcosa
che non doveva esistere
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