Intervista dal finestrino del treno

Ho l’immagine dei giorni logorati

dall’amore crudo e facce da ricordo che ti amavo,

un salto verso l’ultimo gradino

dal treno in corsa, in stazioni di sosta

piene di sorrisi rosa confetto odioso,

come in un bacio-fotografia trash 

che promettono frasi mai udite prima

in un misto di sussurri inutilmente tristi,

prima del vedrai che andrà bene.

Ma il bene è bello che  in bottiglia

e tu non hai più nulla da farci

se non star seduto buono,

musica nei timpani a massimo volume

a guardare fuori, che sembra tutto felice

e diverso da te, che hai solo cazzi tuoi.

I sogni hanno occhi aperti senza riposo

e lungimiranti verso un futuro innocente

che tiene in mano palle e cuore

in un gioco a regole zero,

dove l’astuzia ricorda l’armistizio

del vuoto di parole assurdo

e dei vuoti a perdere, 

di speranze cartomanzia 

e di zingare ladre d’anime,

che dispensano abbracci confusi

nella povera corteccia cerebrale,

che diventa sempre meno grigia 

chilometro dopo chilometro.

 

Paolo Aldrovandi ©2014

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