Forse è detonazione che unge
e sale, stropiccia gli occhi
umettando grappoli di sudorazione,
risorge poi, nella fronte frusta
e scende, nel ventre lurido,
anonimo ma sapido,
in linee contorte che accendono
bracieri serbati, in presidi solitari
sperduti, nel fruire di nuvole
che non si lasciano toccare
eppure, seminano nubifragi
di profluvi librati nella mente.
Forse, un laccio omeostatico
stretto all’emisfero sinistro
grigio cranio, così gelido,
farebbe defluire il sangue giusto,
la giusta dose di spoliazione dell’ozio,
tediosa consuetudine allorché
l’abitudine ci abita dentro.