Parlerò di te mia Eroina.
Ché di fare fuoco e grida,
altisonante è lo scopo
o mia la religione
Ché prostrato e vigile
raccolgo ancora sterpi
lungo volte di cieli incupiti
Che chiuse ed esplose,
curve contorte
dei miei accigliati steli,
non confortano dal gelo
al di là della parete
E poi,
gioie cicliche,
carillon esausti
in meccaniche concise
Lenti, a battere il miglior tempo,
tic tac toc cadendo dal cielo
come statue e gesso senza nome
od uccelli in gabbie variopinte cristalli
E tu;
Nuda, piedi leggeri poggiati
sopra piume del mio delirio.
Sangue nei passi
ed orme trascinate
in rivoli rappresi
Buio rammarico e tetro scuro nero,
tetro scuro nero, tetro scuro nero
della sconcezza deforme
Oh mia salvazione .
Estatica livrea in forme nobili
come carne candida al sacrificio
Ché d’ogni amara stilla raccolgo
fiori di Gelso, spremuta linfa
per un balzo, un balzo solo ancora
verso la liberazione.