Io sono l’angelo straccione che parla con gli ubriachi
senza nome, sui binari della metro
porgendo loro l’ultima sorsata.
Sono il ponte divelto di una città fantasma
sono il pane azzimo, la terra smossa
la pioggia acida sui campi.
E sono lo scheletro legnoso d’un fiore che sguazza
dentro l’acqua putrida, vecchia di tre giorni
supplicandosi di sbocciare
una volta ancora.
4 Comments
Bello vorrei averlo scritto io!
Grazie di cuore 🙂
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Bellissima! Però è triste pensare che gli angeli sono la minoranza…versi che toccano il cuore. Complimenti Poetessa!
Grazie di cuore Rosanna, un abbraccio
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