Lucertole vers. 2.08.10.25

Quanto può vivere una lucertola? Quanto a lungo può campare, nella sua capacità autorigenerante. Lei, traccia appena dei grandi sauri di un passato talmete lontano da non sembrare più neanche vero, se ne sta qui accanto a me, a prendere il fresco, l’ombra in questa giornata torrida d’agosto. Dalla banchina la guardo come allora, insinuarsi tra le pietre, fra le traversine, correre veloce sul ferro nero e rovente della rotaia. Nero e rovente come mi sentivo io allora. Sembra proprio lei, la mia amica lucertola. Sono passati più di trent’anni. Come oggi aspettavo il treno per Firenze. Solo che allora avevo 24 anni e il cuore pieno di entusiasmi per quell’estate di fuoco. L’estate che mi avrebbe cambiato la vita. Lo sapevo già allora. Ma allora volevo cambiare anche qualcosa di più.
Oggi ho 59 anni e vado a Firenze da Iaia, mia sorella, per passare un po’ di tempo al mare con la piccola Licia, sua figlia. Io sono solo. Non mi sono mai sposato.
Allora non ci pensavo neanche alle donne, o meglio alla donna. Allora di ragazze ne avevo quante ne volevo, ero bello, indomito e selvaggio, come l’amica lucertola che ora si è fermata a guardarmi. Quindi mi hai riconosciuto, dunque sei veramente tu mia piccola amica!

Può una lucertola avere più di trent’anni? Non so perchè un’idea strana mi fa sorridere a pensare che tu, almeno, possa essere ancora viva.

Perchè la gente parte ad Agosto? Perchè si accalca nelle stazioni proprio nei giorni in cui nelle stazioni fa più caldo? Moriresti mai tu ad agosto?

Siamo anche noi animali a sangue freddo, amica mia, cerchiamo il calore; io lo ero e mi scaldavo alla divina fiamma della passione. Allora aveva un senso, una missione da compiere. Avrei tagliato i miei lunghi capelli ricci e corvini la sera stessa, e pensavo sarebbero ricresciuti più crespi e vitali che prima, come una delle tue code amica. Li rasai a zero, da allora non sono più ricresiuti, quasi a marchiarmi per quella sfrontatezza estiva. Ero nuovo del giro e proprio per questo mi sentivo ancora più eroico, il cavaliere nero arrivato a risolvere decenni di conflitti, a cambiare le sorti di quel paese immaginario. Te lo immagini tu il mio paese piccola lucertola? Sei mai uscita da questa stazione? Hai mai preso fra le zampe la tua vita e sei saltata sul primo treno in corsa? Io si. Correvo e bruciavo di vita. Più di una, ho bruciato innumerevoli vite, troppe amica troppe. Nessuno mi conosceva nel giro così fu facile ricominciare dopo quella estate di fuoco. Sono tornato a casa ed era pronto per me quel posto di dirigente all’Eni. Per perdermi di più mi sono fatto spedire i primi anni a dirigere i pozzi in africa, neri e di fuoco come i miei anni. Avevo un passato da bruciare come se la mia fiamma devastatrice non fosse bastata. Di fatti non è bastata; riesci tu a immaginartelo il mio paese? Un paese ferito e martoriato che non cambia mai, come le tue code che si attorcigliano da sole come se, staccate dal tuo corpo, fossero l’unica parte di te a soffrirne. Tu te ne stai tranquilla a veder piano cessare i contorcimenti come se non ti riguardasse, come se non fosse il tuo corpo, come se quel sangue non fosse il tuo. Poi appena zoppicante aspetti che tutto ritorni nella normalità con il tuo strascio nuovo di zecca. Quel giorno ho tagliato la mia coda amica, era necessario, la pelle, quella pelle dura e scura che avevo, mi bruciava troppo l’anima in quella mattina d’agosto. Ho qui con me la mia valigia nuova, come la tua coda, carica di vestiti nuovi e costumi da bagno senza ricordi. Sono le 10.25 del 2 agosto alla stazione di Bologna centrale. La valigia vecchia, quella con il tritolo, l’ho lasciata in sala d’aspetto 32 anni fa. Ti ricordi ora di me? E Giusva si ricorderà? E il mio paese?
Guardaci amica, siamo uguali, tracce appena di un passato apocalittico talmente lontano da non sembrare più neanche vero, con le nostre belle code nuove.

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