Male impiegato (di Cateno Tempio)

giullare

 

http://www.catenotempio.eu/

 

Libero
Cristo
tuffare la vita nel blu
delle foreste,
primigenio, ancestrale,
gli occhi ferini,
il petto bruciato dal sole.
Libero
ingenuo
l’ebbrezza
dell’acqua smeraldina del ruscello,
campanula ridente, ragazzina
sinuosa
tra gli zaffiri e i topazi dei ciottoli
luccicanti,
baciata dalla brina
rosata dell’aurora.
Scopami,
scopami ancora.
Non ho voglia,
non ho la minima voglia.
Guardare alla finestra
in bilico sul davanzale
in ufficio
il corredo aziendale
preludio nuziale
non ho voglia
il portatile, la stampante,
una notte in web-cam
nei labirinti afrodisiaci della realtà virtuale
a masturbare
il denaro contante
sonante, sonante,
Israele, la Palestina,
le bombe su Gaza, la morte bambina,
la fame nera ed eterna dell’Africa,
il barbone
ma non si può campare
a pensare
è la libertà
la viltà borghese
mio capo
mio capo d’ufficio mio capo
così famigliare
il barbone
invitato al cenone
una sera
indimenticabile,
alzarsi presto,
la gioventù finita
a vent’anni a trent’anni
e la chiamano, la chiamano
vita,
questo bisogno di
sparare
nel mezzo degli occhi
i gol d’ogni partita,
partecipare
ogni santo giorno
all’happy hour degli accoppiamenti,
oh, mia panna di fregola,
ai festini infoiati
dei licenziamenti
di massa,
ogni santo giorno
impiccare alle cravatte
sui grigi patiboli delle scrivanie
un talento impiegato
male
impiegato
ed è sera,
scopami scopami ancora,
e si ostinano, la chiamano
vita
la gioventù, la gioventù finita
sotto le coperte.
Ed è sera.
Ti penso.
Sipario.
Sudario.
Buio.
Io ti a…
A…
Mia.
Non c’era.
Si fa sera
nell’ora che lenta s’annera
Montale
Capossela.
Lo portano a mare
la spiaggia
San Vito Lo capo
papo, papo,
mi compri
mi compri il gelato, i dolcini
ho fame,
ho sete, ho fame
a casa non ci voglio andare
in braccio.
Buio.
Mangiare
come il sesso, come la fame,
stringimi mia
non te ne andare
abbracciami Resina
invischiami.

Non mi lasciare.
Sono
qui. Sono sempre qui.
Svegliati.
Lavorare.
(Vedi,
mi avevi promesso
che non mi avresti lasciato,
che non saresti svanita
tra le mie deboli braccia
come un giocattolo in piccole dita
quando sognavo bambino,
che avresti seguita
la mia vita matta, malata
di sogni, di versi,
di innamoramenti.
Vedi,
un giorno qualunque
– s’annunciavano appena
le nubi d’ottobre –
te ne sei andata.)

Loading

2 Comments

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.