Di come mi Decompongo alle Quattro del Mattino

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Che si dica poi, di tante e tante coscienze imputridite

Dell’annuire vano nella notte, tra le scorte di pazzi in retrovia

O dei borghi – in quel puzzar di piscio canide e vicoli spenti

 

Che giudicato in giudicare – perpetuo come neve di Dicembre

o di queste braccia che mi hanno regalato aghi di follia a blocchi

E che poi sì, magari mi decompongo alle quattro del mattino

sulla strada

lì dove ogni cosa mi contempla

 

Ché si dica infine, di quando ho contato le ombre

in quelle strisce dileguate nelle miriadi, solo di questo

che già sarà molto

 

Ed occhi a me quel poco che basta

fin tanto che duro – quindi

fin tanto che – dopo

sarà troppo tardi

 

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