Natale BdA 2013

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  • INTRODUZIONE A ” E QUI LO SCHIFO SI SPRECA ” (Paolo Aldrovandi)

L’inserzione pubblicitaria recita
l’ultima occasione della tua vita
di renderti libero a modo tuo

canta con una voce stonata
vestita con scarpe consunte
e abiti da discount orrendi

e occhi persi nel suo vuoto
incastrati tra pelle unta
di una faccia da cazzo bugiarda

E questa inserzione urla beata
e vive e regna con te nell’unità
dello spirito ormai al macello

cerca di convincerti a restare
e magari tacere la puzza
che si sente stando all’interno

ma qui lo schifo ormai si spreca
rimane stabile come montagna
da sempre conosciuta e mai rimossa

davanti al nostro occhio abituato
allo spreco della miseria venduta
come nozione che infine è realtà.

 

≈≈≈≈

 

  • COME PUO’ UNA LACRIMA (Luigi Finucci)

Come può una lacrima riempire un vuoto,
strano esser soli
diventa difficile spostare gli occhi
gente che non comprende questo vuoto
butta fango sulla mia lealtà;
ho paura della gente
non ascolta ciò che dico
rimane solo il superfluo
e si rovina il mondo
cresce l’egoismo,la solitudine.
Tante case vicine
Separate da muri spessi chilometri,
cosa importa del domani
se ora non ho voce per gridare
non ho parole per farmi capire.
Piace pensare ad un mondo diverso
dove gli occhi sono i mezzi di comunicazione
occhi che raccontano storie,
piace sperare
in una morte dolce
ad un preludio di colori;
strano essere soli,
come può una lacrima riempire un vuoto?
ma piace sperare,
piace sognare.

≈≈≈≈

  • Ombra (Maria R. Orlando)

Sei un’ombra.

Fuggente nella città
in festa.

Luci mercenarie sfidano
il corso del mio pensare.

Si avvicina Natale, di qualche morte bisogna
pur dipartire.

≈≈≈≈

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  • Il supermercato che vorrei (Giulia Angela Fontana)

e ci ritroveremo con il carrello pieno
a far la coda ai supermercati
a canticchiare mentalmente
“scusi lei mi ama o no?
non lo so però ci sto”
e ci ritroveremo ancora a scuotere pandori
per spargere ben bene tutta la vanillina
guardali
sembrano dei feti dentro l’involucro di cellophane
quasi dei nati con la camicia
mentre la loro stella sul capo si inneva
poi diremo ancora una volta
mettilo a scaldare sul termosifone
no
meglio vicino al focolare
così è più buono e sprigiona l’odore di nocciola di burro
anche quest’anno avremo briciole
da spargere
da raccogliere
con un presagio di lampadine bruciate
gli amanti si spediranno sms chiusi nel bagno
lui seduto sul cesso
lei più romantica seduta sul bordo della vasca
lecchiamoci le lacrime
senti che buone sanno di sale
mangia il pandoro che è buono
nella foto
il supermercato ed il natale che vorrei.

≈≈≈≈

  • Senza Titolo (Giovanni Perri aka Aguaplano)

Succede che ci metto dentro tutto io la sera di natale
il tuo piedino gattesco che perde sempre un calzino e passa indenne ovunque
il divario tra me e la mia consuetudine che stacca addosso un dolore e sale sulla vetta del pandoro ridendo
e questo non vedersi mai davvero se non per folli metafore
per battiti che non scandiscono

Ecco: questa è una giostra di aragoste venute dal cinema
e questo sono io che dormo sopra un intento lunare
incollato al sedere per vedere come sbanda
la sarabanda degli auguri
mentre l’amore mi stringe a un’indimenticabile epistassi.

≈≈≈≈

  • Senza Titolo (Deborah Žerovnik)

Quattrocento più un poco
sono i lustri pieni di lustrini
che in verità sei nato?
Due quarti di secolo o poco meno
son più di mezza vita
che in verità esisto!
Mi sono alzata e andata
cancellando le tracce
di voci dal buio fermato molto tempo fa,
sto aspettando
gli occhi sono grandi,dammi un segno
solo un altro sguardo
e il respiro di un altro mondo
in verità il terzo!?
Il Giardino e l’ascia
sudore di schiavi
un segreto carico di proiettili
e un ragazzo con la pistola in mano.
Una mattina di odori
un alba con esplosioni
di fronte a baracche al fuoco
e anni lunghi di siccità.
Se in verità sei nato
ancora una volta mi vedo
nascosta dietro falsi nomi,
solo un altro sguardo a quel muro;
le guardie ho avvelenato.
Due quarti di secolo o poco meno
Cazzo anche io qualcosa
di umano ho fatto!

≈≈≈≈

  • Natale (Mirko Servetti)

Nacqui al tempo della ISON, la sfigata ISON
e già marcava male.
Venni da una serva galilea e mi fu imposto
un “padre” cordialmente… raccomandato
dalla corte del Tetrarca.
Per culla, una mangiatoia e, al posto di una
termopellet, l’alitare di un ruminante
e di un equino.
Quattro pecorari impietositi
si degnarono di una visita seguiti
da un trio di giocolieri buontemponi
giunti espressamente dalla valle dei due fiumi.

Tuttavia qualcuno predisse che, in ogni caso,
avrei intrapreso una certa
carriera, cosa che non mancò
di nutrire il mio già nascente Super-Io.

≈≈≈≈

kaput

  • Di quel che è Vero (redent Enzo Lomanno)

Di quel che è vero
lontano ed inesauribile,
onde flesse in trasmigrazione
su lucide follie di gruppi sparsi

Piccole spore d’effimera armonia
come caligine al vento
Simili al tragico sinfonico
che scintilla nelle valli liturgiche

E dei Templi – le guglie
Ombre inquiete di porporati
caduti a testimonianza
del falso

Il riscatto che s’attende
in brecce episcopali antiche
quanto le briciole di Roma

rosicchia nelle piazze
ulcerando carni tremule
delle masse isteriche

Sinergico e privo d’arbitrio
lo slancio d’idolatria
si scaglia emancipando
l’ignoranza assoluta

precludendo di fatto,
ogni possibile
liberazione

≈≈≈≈

  • Natale? (Pietro Lazzari)

Regalo
Quasi due anni in tre metri per due.
Unico conforto?
Sempre qualcuno che ti apriva la porta.
L’ ultima porta e dopo l’infinito …
Sperso in spazi conosciuti
Non ho più parametri
Percorro strade conosciute … perse
Mi perdo, il buio.
Luci intermittenti mi sovrastano.
Alberi incendiati.
Periferia … respiro …
Altre lucciole, spente, provocanti.
Ciao quanto vuoi?
Si! Dove andiamo? In fondo a destra?
Poi lei: ma ciao! Ti ricordi di me? Sono Silvana!
Alle medie ti ho fatto copiare il compito di latino.
Eh… si certo Silvana … come stai?
Ti stavo cercando
Ho un regalo di natale per te.

 

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  • Il Natale è una favola (Donatella D’Angelo)

“Mamma non farci questo, dai, prepara l’albero di luce come gli altri anni. Fa nulla se non ci metti le palline di vetro. Non importa se l’intermittenza dei colori ti tiene sveglia la notte. Dai, incarta i regali e mettili sotto. È una favola, mamma, il Natale è una favola”.

C’è un perché negli occhi dei figli che esprime il desiderio di restare bambini e vuole negare lo sguardo di una madre stanca, che affoga nella forzatura della tradizione. Ritardando il momento dell’addio si allontanano con decisione dall’idea che l’odio e l’amore, ipocriti, possano cenare insieme, alla stessa tavola; dai calici pieni che non brindano più e dalla crema allo zabaione che inzuppa a mala pena l’intera fetta di panettone, rancida come il tempo andato. Sognano la sicurezza di ricordi antichi, ora morti soffocati dalle note delle “Christmas Carols” che si ripetono uguali nelle diverse versioni, standard, hip hop, jazz o a cappella; dalle parole straniere sussurrate tra le labbra come un rosario recitato per l’assoluzione di un uomo che non ha più vie d’uscita. E io osservo la voglia di rivincita che rimbalza sui muri arancioni e resta intrappolata tra la carta da pacco e le coccarde rosse; rivincita che vive ormai solo nelle guance pallide di un nonno ottantenne, che porta ogni volta lo stesso vino d’annata, nei numeri della tombola strillati nel silenzio del dopo cena e nel desiderio di solitudine che mi avvolge come nebbia. E io, che per tutta la sera ho sorvolato leggera la stanza, planando a volo d’angelo in attesa della [ri]nascita, mi chiedo: “e se Gesù fosse nato femmina?”

≈≈≈≈

  • Senza Titolo (Nunzia Binetti)

Intorno è ancora tutto sonno
ingravida il mare schiume aberranti
alle battigie.
Odore d’alghe e marcio
sale nell’aria
dove il dolore inpausa
e tutto si finge in pace .
-Come gusci le case-
Natale è questo strano morire
questo freddo che sferza
è il nostro albeggiare lento, il cuore che piange
la malattia di un figlio
di una madre o di mio padre…
la non curanza del vicino che
lesina il saluto e varca il vuoto ossuto di un silenzio.

Tu fammi dimenticare tutto questo.

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  • Senza Titolo (Gervaso Curtis)

Perditi nei tuoi piedi sporchi di terra,
nella tua ragione sporca di emicranie senza vie di uscita.
Sporcati, immergiti nel fango, spezza croci e rendile cavatappi, strofina moschee e vedrai donne pronte a combattere per i propri diritti, senza veli, capaci di osservarmi e sotterrarmi. Masturbati sull’America, imbianca gli alberi, i pupazzi , le armi, il tacchino con il tuo sperma nero.
Aiutami a vomitare, aiutami a togliere il mio vomito dal pavimento, aiutami a mortificare questa politica di prostituzione, di corruzione, di falsi ideali, di intelligenza devota all’ignoranza, di diamanti scavati con principî andati a male, con mani consumate dall’acido della povertà e rese sontuose dalla dignità.
Rendi quella croce un cavatappi, la moschea una Lampada di diritti di uguaglianza fra donne e uomini, strofina la Lampada, strofina la Lampada, disarma l’America dai suoi grattacieli creati con le bombe, sputando sulle sue fondamenta. E tu, piccolo uomo come me, che a differenza di me la domenica ascolti la messa e ingerisci il cibo che nutre la mente con paure, pregiudizi, ignoranza, menzogna, assurdità che ti permettono di chiuderti e crederti giusto in piazza San Pietro attendendo che lui si affacci dalla finestra, ricorda che stai vomitando sulla democrazia, che ti stai vomitando addosso. Le tue preghiere sono un insulto al mio buon senso, e anche al tuo, ma tu non lo sai.
Ragiona o fottiti.

 

≈≈≈≈

  • Natale (Rita Stanzione)

È Natale
ed io non me n’ero accorta…
Non lo sanno le terre
che hanno fame
e i ragazzini con una bomba in mano
e nemmeno quel barbone
stracciato a terra
ha sentito il profumo
di un banchetto che brinda.
Non lo sanno quei matti
rinchiusi nelle voliere.
Forse non l’avrebbe capito
nemmeno quel bambino nudo
se non l’aveste messo
in una grotta.

 

≈≈≈≈

  • Senza Titolo (Antonella Lucchini)

Mamma le ghirlande
Mamma l’albero
Mamma le decorazioni.
A parte che a 19 anni
puoi pure fare da sola

mamma ha da fare
ha da sparire

chiude
almeno dal 24/12 al 2/1.

Perché vedi, bellissima fattura,
mamma ce la fa ad attutire
il rombo del vuoto alle spalle
per il resto dell’anno

ma il ritmo natalizio la stende.

Perché mamma ha 49 anni
tuttavia vorrebbe ancora poter chiamare mamma
come fai tu
e soprattutto vorrebbe sentirsi rispondere

vorrebbe anche aggiungerci papà
per non fare differenze (è Natale)

ma ormai entrambi sono nella Luce
(così dicono gli esperti del settore).

Che cazzo è questa Luce!

Si può spegnere?
Così tutti se ne ritornano a casa?

Per questo annichilisco al baluginare
delle luminarie:

mi ricordano la mia condizione di viva
sottomessa al freddo dei senzaluce
che taglia
mi taglia.

Mi dirai:
colpa del decluttering esagerato di ieri pomeriggio.
Non avresti dovuto aprire quella scatola
così non avresti guardato quelle foto
e non ci avresti pianto sopra.

Semplice lineare logico. Troppo.

Non avessi fatto tutto quel domino di azioni
ne avrei fatte altre, meno concatenate
ma ugualmente scatenanti.

Perché mi basta guardarmi allo specchio
anche con i capelli conciati come l’ultima delle rockstar
per vederci mamma
per vederci papà

per sentire che Natale è un giorno fatto male.

 

≈≈≈≈

  • Antonin Artaud e il Natale
    Cut-Up cometa-simbolico da Artaud-Neruda e l’altro me (Simone Robertazzi)

Odio il natale con i suoi alberi di prua
Magellano muore tra panettoni di sabbia
diecimila torce fiammeggiano nel corpo
spero
per il 25 Dicembre
in un corto circuito mondiale.
Esiste al Louvre un quadro primitivo
Le figlie di Lot
figlie allegre lontano da panettoni e credenze
“Io Antoni Artaud sono Gesù Cristo !”
stanotte mio padre da una festa sontuosa
si festeggia il non festeggiare
a sorsi di chianti e gotti di tavernello…
Il sacro & il profano
Natale un giorno vestito a lutto dalle campane
malati dello shopping
addentano vetrine su vetrine
c’è tanta gente che fa assurde domande
regalerei un bazuka ad ogni commessa/o
il cielo sanguina stupito
spero
per il 25 Dicembre
in una nevicata fuori da ogni logica
16 metri di neve in ogni paese e città
sogno statuine del presepe in fuga
l’orco dentro la grotta
che si mangia in un sol boccone l’infante
“ Io Antonin Artaud sono Gesù Cristo”
l’orco si pappa l’infante
un colpo di spugna a 2500 (circa) anni di boria
non so se mi capite:
Quando dall’alto si avvicina la notte
il teatro e il suo doppio uccidono il Natale
due lame decise
due sipari alzati
storie di finto buonismo
prodotti industriali,calze,scarpe,
carte di credito,pay pall,post pay,
lische di arance candite alla fermata dell’ovvio
la crudeltà non è sovrapposta al mio pensiero
vi è sempre esistita…
Sono io Gesu Cristo… IO.

 

≈≈≈≈

  • Natività (Ivano Ferrari)

I dolori erano cominciati poco dopo il buio. Aveva addosso tutti i vestiti che si era portata e ancora non bastava a non battere i denti, quando improvvisamente aveva incominciato ad aver caldo e a sentirsi male. Non avrebbe saputo dire se quella nausea e quel malessere erano dovuti al digiuno o alla puzza di escrementi che faceva soffocare. Quando le onde montavano così nessuno poteva più sporgersi a farla in mare e allora tutti se la sbrigavano dentro i sacchetti e poi li lanciavano fuori dalla barca. Ma la puzza e le onde non c’entravano niente stavolta e in breve Aidha aveva capito fin troppo bene che era iniziato il travaglio.
Aveva sempre temuto che sarebbe successo proprio nel bel mezzo del viaggio ma in cuor suo aveva sempre sperato che alla fine il bambino avrebbe pazientato fino a destinazione. E invece ecco qui.
Sentiva il bisogno di alzarsi in piedi e di dondolarsi sul bacino come le sue sorelle le avevano detto che si doveva fare. Ma di alzarsi non se ne parlava e l’unica cosa che poteva darle sollievo era stringere le gambe e appoggiarsi ad Afrah che le stava alla destra e cercava di farle un po’ di spazio per quello che poteva, grassa com’era, e di carezzarla come si fa in questi casi.
Intanto la barca si impennava in salite sempre più ripide e poi scendeva veloce dall’altra parte che ci sarebbe stato da ridere come ai baracconi, in quel buio, a sentire tutte quelle grida delle donne che tremavano di paura. Naturalmente Aidha mai avrebbe gridato così, perché era coraggiosa e perché a diciassette anni sentiva che la morte non era nient’altro che una favola triste. Eppure, nonostante tutto il suo coraggio, in quel momento non ce l’avrebbe fatta a ridere perché si sentiva spaccare qualcosa dentro ed era preoccupata per il bambino. Molto preoccupata.
Da quel che aveva capito il piano era di arrivare la notte della grande festa dei cristiani che ci sarebbero state meno motovedette ad intercettarli al largo. Ora aveva paura che proprio per questa ragione non si sarebbero accorti di loro e il suo bambino sarebbe nato in mezzo al mare. Questo non doveva succedere per nessuna ragione. Non in mare e non in acque internazionali. Il suo bambino doveva nascere nella nuova patria nel primo giorno dell’inizio della loro nuova vita.
Accanto a lei dormiva Coti, che nel sonno aveva scordato ogni convenienza e le stava addosso con la testa appoggiata alla sua spalla. Aidha gli diede una spinta infastidita. Lui aprì un occhio e la guardò sorpreso con quella faccia lunga improbabile e quelle orecchie sproporzionate. Ci mise un attimo a capire e meno male lo chiamavano Coti, asino. Iniziò a frugare nel suo sacchetto e tirò fuori due caramelle e le offrì entrambe ad Aidha accompagnate dal sorriso più dolce di cui era capace.
Intanto aveva cominciato a piovere un acqua sottile, ghiacciata, che sembrava fatta di spilli e il mare aveva preso a farsi disordinato, con le onde che arrivavano da tutte le parti. La barca cominciò ad essere sbattuta come niente a destra e a sinistra. I bambini e le donne piangevano e Afhra cercava di fare da scudo ad Aidha con il suo grosso corpo, che nessuno la urtasse.
Presto i dolori si fecero incalzanti e, in mezzo all’odore di vomito e di salino, Aidha sentì irresistibile la voglia di spingere.
Non ti ho mai pregato, misericordioso, ma ora lo faccio. Ferma il tempo fino all’approdo, che sbarchiamo o che ci traggano in salvo. Ferma il tempo che il mio bambino non nasca in questa puzza di vomito e di paura e se vuoi qualcosa in cambio prendi me, che ho già vissuto abbastanza.
Ci fu un fulmine, proprio sopra di loro. Un fulmine immenso la cui scia, come una coda, restò a lungo nel cielo. Aidha non potè fare a meno di spingere con tutta la forza della sua età.
La donna grassa alla sua destra e Coti alla sua sinistra furono resi bianchi e immobili dalla luce del lampo. Aidha fra loro fu fotografata con una bambina tra le gambe bagnata di sangue e di pioggia, con il suo cordone violaceo e la bocca spalancata silenziosa.
Tre uomini uno dietro l’altro a carponi che cercavano di raggiungerla per aiutarla furono immagini istantanee inghiottite nel nulla.
Poi un’onda più grande rovesciò il barcone e fu mezzanotte.

 

≈≈≈≈

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  • TORRONI CALIBRO 38 (Vera Libertà)

dai, tirami la faccia,
impacchettami la feccia,
scartavetra le luminarie
di natale,
tiraci fuori qualche cosa
da fumare.
compriamo delle cose,
mangiamo delle rose,
voglio un kalashikov di zucchero filato!
granate colorate
appese ai rami.
sì dai giochiamo
alla guerra del natale.
un bunker speziato
di nevemontatapanna
per gli elmetti da elfetti,
per gli oggetti e i rigetti.
e stelle [ninja] di natale
tropicali – decorAzioni
da Generale Inverno
sulle giacche.
le schiamazzanti
ipocrisie sottovischiose
dei PanettoniAiBarboni,
dei SiamoTuttiPiùBuoni,
degli Auguri
rimbalzati sull’asfalto.
su dai, giochiamo
alla guerra del natale,
torroni calibro 38
e festeggiare!

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  • 25 (Alessandra Piccoli)

Sarà il mio odio per i numeri
ma anche quest’anno arrivi
dici bene il 25
e se fossero solo polpette al sugo?
Dice mia mamma, pensali così
non chiamare le cose
come quelli ti hanno detto
i nomi non esistono
così non moriranno
in un quaderno a quadri
magari in una pentola
vicino ai tortellini in brodo
già che ieri li sentivi
ed invece c’ero solo io.

Scartiamolo quel pacco bomba
ed esplodiamo a festa
un pezzo per ciascuno
-rimanete in fila-
ma soprattutto fate i bravi.

≈≈≈≈

  • La conta (Alessio Farroni)

Ti trovo bene, traviato e trasversale
come il precipitare di una stella
dai bordi chiusi del presepe in soffitta,
vorrei dirti che mi conto ancora le dita
-venti-
Qualcosa manca
-venti-
Ho da disfarmi dentro per la festa
trovarmi gli auguri, gli abbracci e il totem senza testa
devo cercare Freud e l’albero senza sgualcire l’io incosciente
ricordarmi di fottere almeno oniricamente.
-inconsciamente, venti-
Sono venti, ma tu non conti mai quando bevi,
e bevi sempre, così mi lasci a contare le dita
mentre il natale scivola.
-venti-

 

≈≈≈≈

  • NONSENSE AL CIOCCOLATO (Salvatore Sblando)
    La Vita Felice nell’antologia “(S)frutta il segno”.

E se perdessimo la dizione
d’ogni parola in favore di un morso
alla cannella
potremmo vivere di pace serena
senza giochi ed inchiostri
né versi ad incastro
Detto questo vorrei abitare
sulla punta di un mio dito

dove spesso cheto il freddo
in favore del caldo denso
e liquido dei bordi in vetro sparsi
al cioccolato
E se non bastasse pretendere
chiederei di giocare al mio solito
incompleto percorso
tra dileggio e serietà
Nell’acme irrisolto
del peperoncino, cercherei
te
che d’ogni mio passo divieni
inaccessibile completezza

 

≈≈≈≈

  • L’AVVENTO (Francesca Ferrari)

Viviamo di materia
ci ha partorito
di carne per formare un girotondo
perfetto
di regni
riversi
ci ha dato da vedere il rosa carne
sui nostri corpi nudi scivolare
ha oscurato il colore
più bello
ché non potessimo
innamorarci
di noi
che contrastiamo il verde
pestiamo insudiciamo di antracite
gli steli e l’innocenza
ungiamo arcobaleni per vendetta
sul cielo
la rabbia ci pervade poi ci abbaia
squarciando il tempo
all’indietro, all’avanti
dimentichiamo il velo della grazia
mascheriamo le maschere
soffochiamo l’ossigeno dei pini
con i nostri tuguri luminosi

ma qualcuno ripassa dietro i vetri
cercando ancora un dio
venuto da chissà quale capanna

 

 

 

Babbo-Natale

3 Comments

E qualcuno dice e scrive che oggi la poesia è morta! Ma venga allora a leggere questa piccola raccolta di poesie, vere, doloranti, talvolta pregne di sarcasmo o di un sorriso dolce-amaro…fortemente rappresentativa di variegate forme stilistiche… splendide e scritte in modo impeccabile( . ovviamente non mi sto riferendo ai miei versi ,qui presenti , che ritengo poca cosa in questa raccolta). Grazie a chi ha ideato tutto questo e grazie a tutti voi, ottimi autori . Nunzia Binetti

grazie a Te Nunzia, per la bellissima poesia, la collaborazione e l’apprezzamento.

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