Nessuno

Io sono nessuno.
Nessuno. Non ho bisogno di un posto dove attecchire
non ho bisogno di entrare nella terra. Non ho bisogno di Ezio
che ha uno spazio che non sa colmare.
[Ho scelto un nome non comune per non citare nessuno anche se ciò che dice è molto comune.]
Io sono un dono per me stesso, grazie ai polmoni, grazie alla casistica e a un’unione di spermi e giri di cuori. Devo dirlo: la siepe che ha il numinoso dietro mi ruba gli occhi. È decorata come un cesto di lumache, mi narra di guerre liriche tra pappagalli a chi ce l’ha più grosso (il pesciolinorosso?) pardon il piumaggio. Ci stanno i calciatori: mai sfatti, visi asciutti, puliti, registrati. Tinte unite. Pitagorici. Hanno le puntine e le candele appena regolate. L’acqua sigillata con le maschere. Ok, berne a litri di questa acqua in bocca. Meglio il silenzio se hai troppe congetture. Non parliamo dei pianeti solari. Tutti e dico tutti girano intorno per delucidarsi meglio. Fanno branco. Non parliamo di cultura che poi si arricciano le extrasistole. Ma siamo così sicuri che serva? Dicono che la sua mancanza faccia diventare barbari. Eppure mai come oggi non finiamo di annusarci con timore. Siamo cani. Con l’odore attaccato dietro e poi c’è Pietro e la sua pietra, una chiesa, un’emanazione verso l’assoluto. C’è questo vento che non voglio fare entrare ancora anche se anch’io mi voglio edificare.

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