Osservazione 3 ( di Domenico Lombardini)

un tavolo autoptico:
sul palmo è il nero del putrefatto,
prova sicura dello sfatto; docilmente
si mostrano a noi irrevocabili:
il privilegio di sentirci qui e ora;
e il compito di dimenticarlo.

*

si tratta di questo:
annullate sono le esperienze, rarificate
le risorse, inficiate le possibilità
di scambio empatico, reificato,
sprofondato in materia è il tutto;
ogni sentimento,
ogni gesto inchiodato alla sua irresponsabilità:
oltre lo sguardo di altri l’invidia, il sospetto
che altri stiano meglio, che dispongano del modo,
del trucco per aggiogarla infine la vita.

*

l’origine è cuna, non culla ma utero,
non otre, ma foglie, lettiera,
e sotto la fanghiglia, e oltre la sabbia,
l’arido, l’arsura di nessun labbro, nessuna lingua.

*

qui il dentro, là il fuori,
una spola che viene, che va,
senza pace, immemore
delle prove raccolte, dei segni lasciati.
questo viaggio dimentico di sé,
sperimentando sempre
l’oggetto come prima volta, vergine all’occhio.
lasciare segni: cos’è questo, se non amore?

segni: un’apertura al futuro,
una solidissima speranza, non una previsione
scalfita da un nonnulla, tenerissima, fragilissima.
figurarsi il futuro dal presente o dal passato,
questi i nostri vaticini:
degradare l’inconsueto all’impossibile,
escludere l’irripetibile.
una rima segnata timidamente sulla terra:
aspettare, lasciarsi visitare, non cercare.

non si abita immemori.
benché dal racconto di altri
si possano inferire
nostri atti e loro motivazioni, questi
apparirebbero una traccia non condivisibile,
un’estraneità,
un’incommensurabilità
al nostro tratto;
un’incongruità.

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