OUTSKIRTS

Per confondere la mappa dell’aria
con i miei resti ho sprecato anni
e sangue al punto che mai
mi è parso lottare, agonizzare,
tutto per quel palmo di terra
di cui ho perduto la percezione.

Le voci, gli odori, i cobalti
stagliati contro parole che non si reggono
se elaborate come democratiche tirannie.
E quelle nubi zellose a determinare
la privatizzazione dei sorrisi, e le
palazzine con l’intonaco a casaccio
che inspirano blues salmastri;
le avverto nel passeggio dei tempi
senza traffico. Così la strada vuota
irretisce di un nulla l’ombra del
mio presente e attende una manciata
d’anni e il senso dell’avvenire.

Mi viene di far manfra tirandola
lunga nelle periferie d’ogni possibile
canto. Ma mi avvedo che è solo un dato
d’infima antropologia. Non c’è che
da rabberciare il bavero e attingere
ai contrasti meridiani di sagome basse.

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Arresa calma
gli anni in cui tutto pare
grigio e si muove sotto
al naso, alcun fiatare
rosso. Il senso è trovare
il passo giusto e l’occhio acceso
di chi ti scalda
le mani in tasca

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