Paolo Aldrovandi

1376631_483872201711715_1776515007_n“Ho scordato quella città
e l’ho portata via
con tutte le sue piazze
e le sue vie del centro
angoli illuminati di fiori
con sagge carezze sui volti”

Versi asciutti, veri, che trascinano il lettore all’interno di una storia quotidiana prendendolo per mano e che gli mostrano strade, piazze, bar, luoghi di tutti i giorni dove abita la tristezza, l’incertezza l’angoscia per il futuro, come in un cortometraggio che non lascia respiro e ti accompagna verso la fine, non sempre lieta. Poco spazio per sogni e divagazioni o interpretazioni personali, anche quando il viaggio è interiore come negli exploit, istantanee flash alla ricerca del sé e delle sue risposte. Linguaggio crudo, a tratti chirurgico e crudele capace però di “esplosioni” semantiche inaspettate che fanno intravedere il percorso poetico e di ricerca del poeta senza risultare imposto pesante o pretenzioso. Una poesia sicuramente che nasce dallo stomaco plasmata in un secondo momento da esperienze vissute e dall’amore per lo  studio dei  poeti della beat generation ai quali non mi piace paragonare Aldrovandi, ma solo ricordare a tratti delle similitudini, così da mantenere l’originalità e l’unicità  dei suoi versi.

Alessandra Piccoli

≈≈≈

  • Dedicata

Vecchio amico mio sei dimagrito
il tuo ritmo s’inceppa
la grancassa si ovatta
e tu mandi a quel paese la sera
che si attacca alle tue guance
e tu le vedi sciolte allo specchio
e io sento quando me lo dici incazzato
che nessuno ti aveva voluto
dentro a questo tempo spezzato
adesso in mezzo a tutto il casino immaginato
per te e chi ti ama
il tempio dove riposare tranquillo
non è più il nostro Bar vecchio mio
ma un luogo di non ritorno del cazzo.

 

≈≈≈

  • Non ti allontanare

(edito per L’Estroverso a Febbraio 2013)

Non ti allontanare
resta e sbriciola
quel pezzo di pane
lascia lo smalto fluire lento
in arteria rosso scomposta
nel tocco del senso
che è padrone del vedere
di questi occhi buttati
che rubano colore al sole
nella speranza d’incendiare i fronti
del tuo bollente pudore
che scivola in languide serietà
come il braccio armato
della sua stessa vita
domandandosi se l’amore
è spedito in posta celere
da postini pazzi che fischiano
mille volte al giorno sotto casa
la stessa nenia in ripetizione
permettendo di frugare rapido
tra scatoloni di non amore schiacciati in soffitte
che preferiamo tenere
sempre chiuse agli altri

 

≈≈≈

  • Exploit 3.4

Arrotolato alla tua pelle
dimentico dove metto i piedi
e a volte cammino lento
ascoltando il rumore dei passi
che si allontanano da te
andando lisci e insani
verso ferite profonde
riempite di fiori e ricordi.

≈≈≈

  • Exploit 2.6

Eppure sento una primavera scorrere
dentro ai movimenti stanchi dei passi
durante brevi camminate fatte per i vizi
come fumare e poi assopire davanti al caffè
al banco di un bar senza insegna da anni
dove Renata chiede la stessa cosa di sempre
a me che rispondo uguale perché non so esser diverso
e il giorno di “prova le diversità ” fallisce
e comincia a bastare poco alla mia felicità
per esser messa in una vetrina del centro
a prezzo falsato in attesa di sconti indomabili.

≈≈≈

  • Exploit

Rilassa il resto del corpo
e vola
racchiudi in pacchetti di silenzi
i ricordi
adesso fumabili del mio tempo
e falli diventare
una danza di carne.

≈≈≈

  • Un sogno d’ Estate fatto in Autunno

Ho scordato quella città
e l’ho portata via
con tutte le sue piazze
e le sue vie del centro

angoli illuminati di fiori
con sagge carezze sui volti
le vecchie sedute coi gatti
con la mia forma che esterna
quei pianti silenziosi dei ghetti

a lacrime secche come sabbia
e ruvidi ricordi carta-vetra
appesi alle guance
come abili puttane
sono purgatori eterni come torri

a pietre rosse di disgrazia
una affianco all’altra
e le vedo nei sogni d’estate
spalancando occhi e finestre
che vogliono sedurmi a tutti i costi
in sempre veglia impaurita

a portarmi in alto in cima
vedendo il basso così dolce
atteso sonno d’estate
a stelle fioche mi sorridi
ma non rivelarmi la verità

a dirmi che c’è terra e mare
oltre la barriera dei tuoi denti
malnutriti a cibo instabile
servito “à la carte” la notte
dopo ore fissate al muro.

≈≈≈

  • Fuori concorso

Sei enorme per me…
io mi odio
tu sei l’oppio che mi fumo ogni giorno
hai preso il posto delle mie droghe
io so che sei buona
che hai un buon sapore
sono certo che anche in mezzo alle tue cosce
è tutto bello e buono
tu sei buona
sei cattiva
ma sei buona
con me sei cattiva mi dici vattene
ma sei buona mentre lo dici
perché mi vuoi bene
e sei anche tu consapevole
io sono buono
ma mangio merda
e sento che la fine è buona
siamo tutti buoni
ma cattivi
potrei dirti ti amo ogni giorno
sei la parte più cattiva di me
ma sei buona
voglio morire buono
tra le tue gambe domani
potrei dirti ti amo
ma lo penserò da solo stanotte

≈≈≈

Paolo Aldrovandi è nato a Mantova nell’agosto del 1974. Il suo lavoro lo porta spesso a viaggiare in solitudine dandogli l’opportunità, ma soprattutto la curiosità analitica, di guardarsi intorno confrontandosi con realtà sconosciute e persone che quasi certamente non avrà più modo d’incontrare e proprio per questo attraggono il suo sguardo. La sua scrittura è cruda e reale, per meglio dire: quotidiana.

Lo si può leggere nel suo blog:

o su alcune riviste online come:

Cartacee quali:

 

 

2 Comments

Poesia chiara, nitida, a colori, in bianco e nero, color seppia, questa poesia è come fotografia dove per un istante o un’istantanea – credi – sia fermo immagine o semplicemente un’immagine, poi la guardi e scopri colori, movimenti, pensieri sciolti e profondi, come la vita di tutti i giorni.
Grazie,
giulia angela fontana

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.