da dove venga il suono del grammofono
nell’atrio scrostato; forse dietro
lo sfacelo degli stucchi
siamo già vento fra le spighe, estensione
ritmica di uno spazio-tempo
dove non serve strofinarsi le labbra
per renderle più rosse. Tutto si riduce
allo spessore di un muro. Qui
guglie come albatri ci osservano dall’alto
mentre in silenzio strangoliamo margherite
con le dita gialle di polline
e di bugie adulte