Piano per un agguato fallito

L’orgoglio mezzo vestito

senza coraggio di nudità,

come si aprisse una nuova era.

Ma è soltanto un abbaglio.

Ci si avvoltola nella mediocritate

rimestando la compiutezza

del verso.

Ne consegue il beffardo bricolage

puntuale ad ogni alba che è

pur sempre quella, senza

possibilità di appello. E stanno

in agguato le episinalefe che mi provocano

un riso ἀρχέτυπον , o le ipometrie discusse

tra i materassi sudati (anche d’inverno).

(Tra i dubbi e le domande che mi pongo

mi logora e m’assilla assai lo iato,

che non badando al suo significato

in testa sfoggia impavido un dittongo.)

Si irrora merda sui cocci che formavano

la suasività dei simboli. Qualcuno

sa ancora che farsene. E sono

gli incazzati più silenziosi,

facce corruttibili ai proclami

degli imbonitori d’ogni evo;

occhi bassi malcelanti vergogne

da lanterne cinesi, strappi di vene dissolte.

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