Agli inferi
cristo
truccato
impiegati
i miei sogni di miele
l’ebbrezza assoluta
di fuoco
il mio ghigno di lupo
lucente
di lugubri chiari di luna,
mia pallida stella,
mia esausta fortuna.
All’inferno
a me stesso
scartavetrare
versi di diaccia potenza
io messo alla porta
finestra
di luce che acceca
dio mondo coscienza.
Non risparmiare
nessuna, nessuno.
A voi,
tutte, tutti,
mon coer mis à nu
la mia vita era un tempo
un festino
la mano sul culo
della Bellezza
fanculo
le quattro del mattino
l’angoscia e un po’ di vino
bestemmiare
Sorgete
dagli abiti logori
delle consunte domesticità,
lasciate i sudari
che avvolgono grinze
di corpi borghesi,
poltrone di telecomandi
lenzuola
calvari di snack
patatine, nutella,
gelato,
merenda, stipendi
i soldi cristo i soldi
epitaffi di maltrattamenti
di fine rapporto
un bacio e un errore
un saluto
un calcione nel culo
fanculo
somari
non restarci male
salite
all’altezza dei versi
la rarefazione
in cristalli di liquidi
vette
alla luce di fosforo e zolfo
verdastra
acquazzurra poesia
la mano sulle tette
della Bellezza
voi
tutte, tutti
struggetevi
ai lividi amori
malleabili
cera
infiammatevi
al fuoco di paglia
dei miei innamoramenti.
All’inferno, all’inferno
e sia l’ultima volta.
Al mio urlo di rabbia
e dolore,
perduto tra le notifiche
di facebook,
di whatsapp, le cantilene
dei cellulari frammezzo alle cosce.
Io non avrò pietà
di niente e nessuno
voi tutte, voi tutti
amami, amatemi
mi dovevate
due soldi d’amore
nel piattino mendico
del fatuo cinismo,
io bambino viziato,
io fanciullo vizioso.
A te,
amica, amico,
alla Musa bambina
all’infanzia sgualdrina
ai telegiornali con il notiziario
dell’una
dei versi
che annunzia l’atroce
naufragio
dei miei innamoramenti
ai miei morti
a chi non ha voce
che sento nella carne
mai visti, distanti
che piango con tetro distacco
e non arriva
non arriva
non a riva
il rumore di bombe
soltanto
di tanto in tanto
una spiaggia coperta di veli
bianchi
tra vele arcobaleno
su un corpo di sale
nero
Sia
l’ultima volta.
Così muore un poeta così
muore per quanto discreta
in questa luce abbagliante
di reality, talk show, documentari
la lucciola
della poesia.
L’ultima volta.
Mai più
l’arcano velluto di un violino
mi parlerà
dai tuoi capelli di nero corvino.
Mai più
negli occhi accesi
di sole
di luna
le nuvole dei versi
nel cielo vuoto e nero delle rime.
Mai più
fermenti
indignazioni
pensieri
i miei innamoramenti.
E sia
mia ultima
stanca poesia.
Snocciola i versi in lunghi filari
rosario dei giorni che attrista e consuma
mai più
crogiolarsi in figura
di giovane artista,
poeta
di barba perduta nel whisky
di bocca che fuma
smarrita in pensieri da sigaretta.
Vi sia lieve la vita,
una danza,
una festa.
Quanto a me
ho fumato,
ho bevuto,
ne ho avuto abbastanza.
Questa è l’ultima volta.
Mio verso,
t’acqueta.
È in silenzio,
in silenzio
che muore un poeta.