Quattro righe

Avrei dovuto dirti di recuperare

i bordi bruciati dei vecchi video,

un paio di pantaloni sgonfi e vuoti

che ballavano in mezzo ad un salone di vent’anni fa

Avrei dovuto accennare a questa storia

rotolata giù per scale di legno

ad origliare conversazioni adulte, notturne

Ti manca ogni cosa, il silenzio bianco

la pace provvisoria

Avrei dovuto dirti di quando gli occhi platino

della donna alla terza fermata sul treno delle

diciannove e diciassette mi hanno disprezzata senza ragione

e un roditore nero sedeva accanto a me, chiedendomi

ad ogni fermata se fosse quella giusta

Avrei dovuto insistere

parlare per ore allo specchio

accettare la fitta bruma racchiusa da sempre

nella mia mente

Noi non siamo mai nati,

inappropriati e scontrosi

come la voce che si rompe

improvvisamente

durante un’opera teatrale

Noi non siamo mai salvi

non siamo mai classici

e sempre esausti

intrappolati in una cesta

di cianfrusaglie confuse

Sono stanca, davvero stanca

e le mie mani bruciano,

la nostra gente è sofferente

e non è più nostra

Voi siete stati

cattolici ed ipocriti

politici e seduti

intorno ai quattro angoli di un

tavolino bianco

sotto le finestre di un hotel pieno di donne

cieche che annaffiavano vasi invisibili

Voi siete stati

così scontrosi e inappropriati

proprio come noi

che siamo diventati ciò che ci avete insegnato,

eppure non lo siamo mai

E alla fine qualcuno ieri notte

ha sognato un grande dinosauro

varcare tranquillo un cancello di ferro

ed io ascolto questa storia come se fosse la ricerca

del giorno

del sogno primitivo

perché chiedo ad ogni cosa di darmi la forza di avere ancora

ossa

e mi guardo così triste e pensierosa

sfilare la maschera ogni sera

e cercare di poter lottare per altre quattro righe

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