Quel che resta

c’è tanta luce qui adesso, troppa
che non si vede con quanta perizia
il cuore si crepa, come sanguina l’occhio
nel sonno indovino e quanto
profonda è la ferita nell’aria.
Me ne vado per campi dove l’erba è bruna
e sento gli animali che si accoppiano nei sotterfugi
riverberi del giorno:
dovrei restare lì, in una balla di fieno
a galleggiare, nel buio dei millimetri
per sapere del tempo ogni necessità
dire del pane la voce che resta
aspettare il treno che passa
per salutare l’ignoto stupore.

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