SCUOLA GUIDA

La ragazza è già seduta al posto di guida della panda bianca con la sua brava cintura allacciata. L’istruttore esce dalla scuola, entra in macchina, e fa cenno di accendere il motore.
“Questa è l’ultima lezione. Per l’occasione faremo un percorso molto impegnativo e particolare. Se non farà errori oggi, direi che non avremo sicuramente problemi al momento dell’esame”.
Vogliono tutte questo istruttore, le allieve della scuola, perché è giovane e proprio carino. Seguendo le sue istruzioni, la piccola auto bianca con il nome dell’autoscuola impresso sui fianchi si addentra nei meandri della città, svolta, attraversa rotonde, si ferma ai semafori e poi attraversa i cancelli del porto. Non è semplice guidare qui. Ci sono mezzi pesanti dappertutto, moltissimi pedoni ed una segnaletica non sempre leggibile. La ragazza è concentratissima, sta tutta piegata in avanti sul sedile e sembra che voglia stritolare il volante.
“Ora simuleremo una situazione che potrebbe capitarle in futuro, si metta in fila dietro quelle auto”.
Dopo una breve coda fatta di partenze e stop, l’istruttore mostra un documento ad un addetto e invita la ragazza ad imboccare la rampa che conduce nel garage di un grande traghetto. Il ponte risuona sotto il peso delle ruote e la pancia della nave rimbomba di cento suoni. Uomini gesticolano e fanno segno di accostare, di procedere, di affiancare. I pneumatici stridono sul fondo di metallo.
“Stia tranquilla, sta andando benissimo”.
Sarà per il caldo di luglio, che in quel luogo chiuso è particolarmente soffocante, sarà per la concentrazione, ma i capelli biondi della ragazza sono tutti bagnati di sudore e le si appiccicano alle guance.
Il parcheggio è il più difficile che abbia mai fatto: deve stare attaccata ad una parete irregolare da cui porgono tubazioni e leve. Un uomo con la tuta da lavoro le ordina urlando di accostare il muso ad un’auto fino quasi a toccarla.
“E’ fatta. Molto brava. Spenga il motore, adesso.”
La ragazza è visibilmente stanca ma sembra proprio felice. Non aveva mai fatto niente di così difficile. Dopo questa prova è sicura che passerà l’esame alla prima. Guarda il suo istruttorino con gratitudine e vorrebbe ringraziarlo come merita quando di colpo tutto prende a vibrare all’interno della pancia della balena e il rumore dei motori, come un rombo, progressivamente sale d’intensità.
“Che cosa succede?” chiede la ragazza un po’ allarmata.
La macchina ha come uno scrollone.
“La nave si sta muovendo!”
Il giovane guarda l’allieva e tace.
“Oddio, la nave sta partendo! Ha capito? Faccia qualcosa! Chiamiamo qualcuno! Dobbiamo scendere subito! Non si sono accorti che noi siamo rimasti qui!”
L’istruttore ha un’espressione impassibile e un sorriso indecifrabile.
“Credo non sia più possibile fare niente”.
“Ommadonna! E ora cosa facciamo qui sopra? Non è possibile che stia succedendo davvero! Non sappiamo neanche questa nave dove va!”
Il giovane scosta con dolcezza i capelli sudati dalla guancia della ragazza.
“E’ diretta in Tunisia. Arriveremo domani mattina”.
La ragazza si ritrae con un balzo verso la portiera e guarda l’istruttore con una specie di atterrito stupore.
“Lei lo sapeva! Tu lo sapevi!” e poi, con una sorta d’illuminazione, “Tu hai organizzato tutto questo!”
“Sì, è così” il ragazzo ha gli occhi lucidi come per la febbre “In queste nove lezioni, dieci con quella di oggi, mi sono innamorato di te. Quando ti vedo seduta alla guida mi viene la tachicardia parossistica, quando sento il tuo odore mi si incolla l’epiglottide, mi s’involvola il piloro. Quando vieni a lezione con la gonna, come giovedì scorso, e vedo le tue cosce strusciare una contro l’altra per schiacciare la frizione e il freno, mi sembra di essermi fatto il bidè con il lievito bertolini. Così ho pensato questa pazzia. L’ultima volta mi hai detto che una volta finita la maturità ti sarebbe piaciuto andare in vacanza da qualche parte ma non sapevi ancora dove e allora ho pensato che noi..”
“Noi che cosa?” grida la patentanda raggiungendo un buon do sovracuto.
“Ecco, mi rendo conto ora di essermi forse sbagliato, ho prenotato un tucul sulla spiaggia per dieci giorni nel villaggio vacanze Kalb. Sai, kalb in arabo vuol dire cuore..”
“Dove hai detto?” stavolta la voce della ragazza raggiunge un bel re bemolle pieno che sovrasta il frastuono del motore della nave.
“D’accordo, ho sbagliato, ti chiedo scusa, troverò il modo di farti tornare..”
“Maledetto idiota.”
“No, ti prego, non ti arrabbiare..”
“Maledetto idiota che non sei altro. Tu mi piaci, mi piaci da morire. Alla fine di questa lezione ti avrei chiesto se stasera venivi a casa mia.”
“Ma allora..”
“Stai zitto, idiota. E sai perché avrei potuto invitarti? Perché i miei genitori sono partiti oggi. Per dieci giorni interi. Ero libera per la prima volta da quando sono nata. Libera, certo, perché i miei genitori non sono normali. Mio padre è un ex ufficiale dei carabinieri, geloso di me come lo sarebbe la scimmia di Otello se Otello fosse nato a Palermo, che mi controlla giorno e notte; sono la figlia dell’ispettore Maigret e di una madre che è una suora mancata, praticamente madre Teresa di Calcutta, che mi ha raccontato fino all’anno scorso che i mariti e le mogli quando sono chiusi nella loro stanza mettono il mangime per la cicogna sul davanzale e stanno tutta la notte ad aspettare”.
“Io..”
“E sai dove sono andati i due cerberi? Te lo dico io, grande genio, sono andati in Tunisia. Dieci giorni al villaggio Kalb, cuore in arabo, certo, “sole, mare e sabbia bianca”. Vuoi sapere perché lo so? Perché gliel’ho regalato io il viaggio, per il loro maledetto anniversario! E ora ti faccio l’ultima domanda, forse la più difficile. Che nave pensi che possano aver preso?”
Un membro dell’equipaggio bussa al finestrino e fa cenno ai due giovani che devono lasciare la macchina e recarsi sul ponte.
L’istruttore guarda la ragazza mortificato, poi si illumina in un sorriso: “Ehi! Mi è venuta un’idea! Che ne dici di fare un’unica combriccola con i tuoi, laggiù al villaggio?”

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