Senti

Senti,
ti ho innaffiato a dovere,
qualche buco nell’accoglienza
assiepa la mia frontiera
che è permeabile
ma si intride di secchezza
se non ti preoccupi delle radici
sigillate tra pareti di vasi.
Hai gli occhi dritti
-già lo sapevo-
simili a lampi
che scaricano la brevità
di un tuono,
li vedo appaiati
come due seggiolini
in cui nessuno siede.
Ma t’ho fatto sedere
nel mio sguardo
la dicotomia dell’assistenza
sarà disponibile fino a quando
non proverò vergogna
per il tuo egoismo.
So che sei un talento
ma sto scolorendo,
avrei bisogno di sole
per rinvenire
e una conchiglia
per sentire

l’eco di me stesso.

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