Ricevo in dono
il bianco crocifisso del tuo nudo
impreziosito da pennellate accese
come un abbonato trova nella posta
l’attesissima sua rivista
ebdomadaria.
Mi addentro nel dedalo
di lenzuola
sbiadite sotto le nostre schiene
col passo dell’esule
che ricalca strade note
e recito te
come rileggo le terzine
della commedia ad alta voce
e la bocca si arrotonda
e canta.
Spalancarti in un punto a caso
è risentire
il sapore degli gnocchi
che impastava nonno
con le sue mani di marsiglia
e rivedere ancora
la più bella scena
della Notte di San Lorenzo
dei Taviani.
E’ un dono riceverti
di quelli a cui non si chiede
di mutare
come la favola della sera
che si conta ad un bambino
che guai se cambia una parola,
una di quelle favole
che solo così
ci tengono in vita
tutta la vita,
in vita.