SUICIDE NOTE – RACCONTO

Racconto breve basato sull’ultima lettera lasciata da Kurt Cobain prima del suo presunto suicidio.


derubati di una cultura della penna, nati in una penna che perde l’inchiostro, ma che si ricarica con la razzia dei beni effimeri e la preghiera per il superfluo attraverso la fede dettata dai signori feudali. “Prendere o lasciare”, “mangia questa minestra o salta dalla finestra”, “ti ho messo al mondo e dal mondo posso toglierti”, “sarò io a giudicare”. Nessun istinto di fuga, solo un gran trascinarsi gli uni sugli altri dentro una sovrappopolata cisterna, stesi nell’attesa di mangiare più di quel che occorre, e desiderosi di averne di più perché non si sa mai se risuccederà. Procreare, mangiare, aspettare, lamentarsi, pregare.”

Kurt Cobain – DIARI

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Frances sei il mio piccolo fagiolino, Frances Bean. Guardati come sei pura e semplice, sei così piena d’amore e gioia.

La osservo, va in giro a salutare e baciare tutte le persone che incontra, come se nessuno potesse farle del male, come se tutti fossimo bravi e puri come lei, la mia bambina.

Un tempo anche io ero felice e ingenuo, poco più che un bambino. Mi ricordo di quelle poche giornate felici quando il mio mondo era ancora a colori e non avevo bisogno di nessuna forma sintetica per provare emozioni, per sentirmi vivo. All’epoca ascoltavo già buona musica come i Beatles, gli AC\DC, i Queen, i mitici Black Flag.

Ma voi cosa ne sapete della sofferenza, della tristezza insita nel cuore di pochi eletti, come un marchio, come una cicatrice indelebile che resta impressa attraverso ogni forma di energia che puoi incidere su una poesia, un disegno, una canzone su una musicassetta dimenticata da decenni in un cassetto colmo di oggetti abbandonati. La verità è che siamo costretti una volta adulti a cercare vie di fuga. Siamo obbligati a mandare giù il boccone amaro, ad essere belli pronti e impacchettati, spediti ognuno nel proprio posto, come un libro in una libreria ordinata e studiata in ogni dettaglio, in ordine cronologico e alfabetico, in qualsiasi tipo di categoria prestabilita.

E quando qualcuno compie un atto fuori dagli schemi, delle azioni inaspettate fuori dal loro schifoso sistema, è proprio allora che parte un meccanismo di recupero. Un fottuto meccanismo di distruzione verso il reietto.

Il peso del mondo viene catapultato su di te, l’intero occhio del grande fratello che scruta ogni dove ti osserva fisso, come l’occhio di un cecchino. Il Moloch apre la sua bocca affamata e non la chiuderà fino a che non avrà ingoiato e distrutto ogni parte di te. È per questo che temo per lei, per la mia Frances, ho paura che un giorno possa conoscere il vortice amaro della vita. La vita autodistruttiva e miserabile di un rocker come me.

È dall’età di sette anni che sono avverso al genere umano, quell’insensibile feccia del mondo. Quello che perde ogni senso della vita ma finge di rappresentarci tutti. Io che ho perso ogni piacere, ogni brivido, dietro il tremore della droga, oggi a soli ventisette anni sono un uomo logorato, e non posso sopportare l’idea che anche lei un giorno diventi come suo padre.

Quando salgo sul palco osservo ogni volto, leggo negli occhi dei ragazzi tutta la voglia di gridare la loro sofferenza in faccia a questo fottutissimo mondo e non posso fare a meno di urlare con loro tutto il mio dolore. Ma è da diverso tempo che non riesco più a godermi lo spettacolo, questa mia anima malata, questa frustrazione malsana mi opprime, io non posso frodare nessuno di voi, malgrado tutto, non posso fingere di divertirmi al cento per cento come voi narcisi.

Ricordo come se fosse oggi, la prima volta che chiusi uno dei miei primi concerti disintegrando la chitarra sul palco. Tutta la foga, la furia che s’impadroniva di noi, gli amplificatori sfondati, l’eco del suono e le vostre facce eccitate, la musica aggrovigliata sui capelli, tra le mani, tra le corde sfilate della mia chitarra!

Ma cosa può succedere quando ti rendi conto che puoi ritrovare il giusto entusiasmo solo da stordito o strafatto? Quando sali sul palco per cantare ma ti rendi conto di salirci solo per timbrare il cartellino?

Il maniacale urlo della folla, quello che ti entrava sotto pelle e ti faceva vibrare come un’iniezione di adrenalina, ora, non ha più alcun potere su di me. Io apprezzo ognuno di voi, ogni fan della nostra musica. E anche se malgrado tutto io non mi sento il rappresentante di nessuna generazione di scellerati, rispetto la vostra rabbia, la vostra maledetta essenza, ed è per questo che non posso più mentirvi, e dal fondo del mio bruciante e nauseato stomaco vi ringrazio.

Per tutti i pesci di Cristo, non so più divertirmi. Un tempo ero colmo d’amore e gioia, ci crederete?

Ho vissuto in un seminterrato, poi sotto un ponte, ho ascoltato il traffico delle strade di Olympia fino all’alba. Ho fatto cose brutte e cattive solo per il gusto di scandalizzarvi e farvi alzare il culo dalla sedia. Ma ho anche visto amici fallire e rialzarsi per ricominciare da capo, e nonostante tutto, io mi rammarico con la gente. Sopratutto con me stesso, “il piccolo, triste, sensibile e ingrato”, e pensare che proprio il giorno che mia moglie scoprì di essere incinta io ebbi la mia prima overdose.

La vita e la morte, si sono stretti la mano quel giorno.

***

Kurt Cobain fu ritrovato morto la mattina dell’8 Aprile 1994, il suo corpo fu rinvenuto da un operaio che doveva istallare l’illuminazione di sicurezza nella sua casa sul Lago Washington. Per via del poco sangue che sembrava provenire da dietro l’orecchio di Kurt, l’operaio credeva si fosse semplicemente addormentato sul pavimento ma notando una strana lettera sul tavolo riavvicinatosi al corpo notò anche un fucile, un Remington M-11 e diversi cuscini cosparsi attorno alla sua testa.

I giornali riportarono la notizia che “Il celebre frontman del gruppo musicale grunge Nirvana si era fatto saltare la testa”.

L’autopsia successivamente confermò che la morte di Cobain era stata causata da un “colpo di fucile auto inflitto alla testa”. Uno dei primi elementi particolari è che gli esami tossicologici rilevarono un’altissima dose di eroina nel suo sangue, circa 1,52 milligrammi per litro al momento del suicidio, con anche presenza di Valium.

Questo fece sorgere diversi dubbi ad un investigatore privato subito ingaggiato per far luce sull’accaduto, dopo aver esaminato con cura ogni dettaglio della morte del cantante, sollevo diverse domande. Ad esempio “come poteva il ragazzo dopo essersi iniettato una dose di droga pari a 3 volte il normale avere la lucidità di caricare l’arma, tra l’altro con 3 colpi, e spararsi un colpo alla testa senza commettere errori o imbrattare tutta la casa con una lucidità così evidente?”

E ancora, sull’arma del delitto, fatto ancora più agghiacciante, non furono ritrovate impronte digitali. Così pure sulla penna utilizzata per scrivere la presunta lettera di addio.

Ancora oggi alcuni grafologi sostengono che alcune parti di questa lettera rivolta al suo amico immaginario “Boddah” prima dell’ipotetico suicidio, hanno una grafia differente dal resto, in particolare la frase rivolta a Frances, sua figlia, etichettata come “suicide note”.

Anche se in molti si sono dati da fare per dare delle valide risposte alle domande sollevate da questo investigatore, a distanza di decine d’anni restano ancora diversi enigmi da sbrogliare sulla morte di Kurt Cobain.

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