senza titolo

Soltanto un tantrico roteare di polso
potrebbe salvarmi dalle spire d’urticanti
ciclotimie, delineandosi sotto lo sguardo
– come umidi murales – le sagome
di scattanti cerbiatte guidate
dalla verga acerba della santa
nutrice di Lesbo.

E come una pellicola tentennante
per la felice usura dei secoli
il resto è cronaca d’oggi,
immoto è il flusso del sangue
che ristagna al paradiso piramidale,
opaco Eden di obliquità bronzee;
dove immolare cartoncini d’irrazionalità
è l’atto dell’inerpicarsi in cerca
della visione d’un villaggio
odoroso d’olivo.

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