Una mia nota su “Pasto Vergine” di Alessia D’Errigo

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Sono ormai tanti anni che scrivo, innumerevoli le letture.
Ho sempre amato scrivere ma ancor di più e soprattutto per fortuna, mi piace leggere.
Navigo su internet nei “salotti” di scritture dall’alba del web e ho cominciato ad addentrarmi in essi in modo più attivo intorno al 2006.
Come ogni sognatore, che tanto crede ancora in quella parola, oppure ci credeva, vedevo questi mondi e le persone che li abitavano, con uno stupore e una meraviglia grandissima.
Tanta era la gioia di poter condividere e usufruire di materiale, di testi poetici, prose e arte.
Ogni cosa in principio era perfetta. Un traffico non velato, non ambiguo. C’era chi dava e chi riceveva ma suo malgrado ridava in uno scambio emozionante di commenti, consigli… scuola

Oggi sospiro e non nego che abbozzo qualche sorriso. Ahimè l’ingenuità del sottoscritto, come credo di molti altri, ha esacerbato un’illusione, regalando un velo di Maya a questi occhi ai tempi ancora, freschi; …genuini.

Con gli anni, ed addentrandomi sempre di più nel mare pescoso dei Poeti/Artisti/Fotografi, mi sono accorto di quanto tutto questo nel tempo si sia snaturato. Di come quella spinta nativa fatta di intrecci, e di scambi alla pari, sia diventato un senso unico disgraziato. Un cortile di arredi barocchi e autoreferenziali.

Il dispiacere è molto, ma spesso e per fortuna, tra i vari stucchi pesanti e dorature copiose nasce spontaneo, quasi invisibile e solitario, qualche bocciolo di luce e di magia.
In questo va la mia lode all’artista, Alessia D’Errigo. Amica e stimata attrice oltre che ottima scrittrice.
Un dono è sempre cosa gradita in questa società in cui nulla si da per nulla, e sinceramente trovarmi davanti a un post su un social, dove un’autrice rendeva disponibile il lavoro di mesi in modo gratuito e naturale… beh, mi ha dato una sferzata di ottimismo e primavera.
Questo articolo non vuole mettere in risalto solo l’opera ma vuole dare visibilità e giustizia ad una azione.
Poiché la poesia e la parola senza Azione rimangono mere decorazioni di una realtà quasi sempre sospirata, agognata … ma mai vissuta

Ci sono attimi di pura lirica e anima profonda in questa raccolta di testi.
E mi sento nella lettura, avvolto dalle spire di un ventre materno atavico, a volte caldo e armonioso, altre volte freddo e pericoloso

” Bisognerà pur farlo uscire questo dolore, l’urlo del parto, del cuore,
l’efferatezza blasfema della ghiandola animale. Bisognerà pur sfaldarsi
e ricomporsi, come i castelli di sabbia nelle mani dei bambini, del mare,
castelli ad illuderci, bambini, nel mare. Bisognerà calare sì, nelle coltri,
il vestito bianco, affogarlo nella sozzura, nel limbo delle ceneri
purché ne venga una grande luce fuori, ad accecarci, lasciandoci
informi e plasmabili, sciolti verso l’avvenire, purché venga a noi
questo avvenire, come la piuma di un angelo ad accarezzarci
nella bolla del ventre. Io voglio sì, una carezza, nella bolla del ventre.”

ALESSIA D’ERRIGO

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