Vele bianche (di Hasan Atiya Al Nassar)

hasan

http://www.deapress.com/culture/letteratura/14774-edizioni-dea-hasan-atiya-al-nassar.html

(da Il labirinto)

Galleggiano gli uccelli nelle ali dei venti

rotti, al di là della luce, che porta ora gli anni.

Noi la rincorremmo dopo i facchini volanti,

in questa gara con assassini

e randagi delle notti invernali.

Pietà Dio dell’acqua,

abbiamo chiesto la solita tranquillità,

la solita calma.

Sento una convocazione perché sto ritornando

verso una casa sconosciuta che io conosco.

 

Torno dentro me stesso.

Le mie valigie

si privano,

i padri santi scrivono i miei giorni.

 

E donne gettano acqua sui volti d’acqua

La tua candela, tu donna, tu uomo, candele

che sono state spente, in un’ora arretrata del giorno.

La tua voce non assomiglia al liquido

rosso nel vetro.

 

Quello spigolo della finestra è il sole che scende con una

pianta verde

Stai tornando, regina,

come ho saputo.

La ronda conosce

e legge il nome degli amanti.

Quelli che possiedono quaderni per scrivere,

hanno questa povertà

che si assenta

nelle loro tasche vuote.

Gli anni sono passati.

Io quarantenne sono alla spiaggia

aspettando l’ira della morte.

 

Sono passati i fuochi della caccia.

Sull’alluvione,

l’alluminio l’uomo l’acqua

sono bianchi come la terra.

E bianco è il cielo. I numeri sono neri.

Anni che non scorrono

come cascate di fuoco.

 

Tornando verso la patria

trovo arso il mio paese, ignoto.

E gli anni posano sul quaderno

il mio cammino.

 

I lidi sono bianchi, i pescatori hanno vele bianche.

Sono rimasto a guardare il cielo della sabbia.

 

Per i morti questo è l’amore libero.

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