Vocabolario psicologico di un sedicenne con troppi libri e film alle spalle

Misantropia [mi-san-tro-pì-a] s.f.
1 psicol. Sentimento e atteggiamento di avversione nei confronti degli altri, caratterizzato dall’ostinato (e talora morboso) rifiuto di rapporti sociali e dalla ricerca di solitudine: essere affetto da m.
2 Mancanza di socievolezza e di cordialità SIN scontrosità: cupa m. • sec. XVII

Mi additano come misantropo convinto. Mi additano pensando che uno se ne nasca con la voglia, di essere introverso, di volersene stare ai margini, di avere come unico e solo desiderio del subconscio la tranquillità. Io cerco quella: la tranquillità. Una sorta di pace esteriore, mi basterebbe averla nella mente, senza bisogno di meditazioni da buddhisti e corsi di yoga pagati caro per mantenere un cervello bruciato. Non cerco di certo, un qualcosa che so di non poter avere in partenza. Sono nato male, senza urlare, in silenzio. Tutta la vita così, il più possibile in silenzio, ho parlato il minimo necessario, questo perché mi si seccano gola e lingua in fretta, come dopo una buona canna, questo perché non mi va di spiegare, mi basta sapere. Forse sono un mostro alto uno e settantasei per sessantuno chili di peso. Forse un giorno mi sveglierò incazzato e ucciderò la mia futura moglie, darò fuoco alla casa e correrò dai carabinieri a costituirmi. Mi scoprirò pazzo e depresso.

Procrastinare [pro-cra-sti-nà-re] v.tr. (procràstino ecc.) [sogg-v-arg]
burocr. Rimandare, rinviare qlco. per un certo periodo o a tempo indeterminato SIN differire: p. la data dell’assemblea • sec. XIV

In psicologia dicono che chi si ritrova a rimandare ha una bassa opinione di sé. A quanto pare ha anche una grande correlazione con l’ansia, la depressione. Sono nato in anticipo, sono un procrastinatore per recuperare in nulla, i giorni che ho perso nascendo. Sono un procrastinatore perché, in fondo, credo mi piaccia l’idea di essere un potenziale depresso, perché è più facile, perché fa più artista incompreso. Sono un procrastinatore perché mi rende meno robot e più umano. Ho del male che mi sanguina dentro. Ho le piastrine che cercano di tapparmi le parole. Ho pensato di aver ragione, forse anch’io sono abbastanza per avere ragione. L’autostima se la sono presa gli altri, quelli che facevano i rappresentanti d’istituto al liceo, quelli bravi a farti sentire come una priorità nella loro vita pur non sapendo nemmeno il tuo nome. Mi piacciono le cose facili, allora crollo sotto le parole, gli insulti non feriscono, i complimenti sono quelli che fanno più male di tutti, non si sa mai come rispondere. Dovrei essere più educato, meno bravo ragazzo, più figlio illegittimo delle strade, meno nei ranghi di chi non lo è affatto.
Il senso della vita che ha la società, mi sa di noia. Un giorno anch’io dovrò rendermi utile.

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