VOLTI NUOVI

“..beati quelli che pur non avendo visto hanno creduto”
Bibbia VII, Gv 20,29

E’ successa una cosa pazzesca. Ripasso gli eventi per l’ennesima volta per essere sicuro di non aver fatto niente di strano, di non aver bevuto inavvertitamente qualche liquido misterioso, di non aver schiacciato il pulsante sbagliato.
Daccapo. Ancora una volta.
Questa mattina sono uscito, ho chiuso la porta di casa, ho sceso le scale, attraversato la piazza, ho raggiunto il parcheggio, ho aperto la macchina, mi sono seduto e sono partito.
E fin qui ci siamo. Niente di diverso dal solito.
A colazione avevo preso solo un caffè e non ci avevo nemmeno messo lo zucchero. Ieri sera non ho bevuto, non mi sono drogato, non ho assunto farmaci.
Allora com’è? Com’è possibile, mi chiedo, che tutte le facce che ho incontrato nel mio percorso mattutino, senza nessuna eccezione, fossero facce di estranei?
Dall’appartamento accanto al mio è uscita una tipa misteriosa, il portinaio era uno mai visto, nessuno che riconoscessi per strada, un perfetto sconosciuto il giornalaio e così il vigile e il parcheggiatore.
Peccato che io qui ci viva da quarant’anni e che conosca tutti. E i padri dei tutti e i figli dei tutti, se ne hanno avuti. E se non ne hanno potuti avere, anche quello so e so pure il perché, con particolari clinici annessi.
Mezzo stordito ho guidato fino all’ufficio e nemmeno vedevo dove andavo. Del tragitto non saprei raccontare niente perché ero come in trance.
Poi lì, in ufficio, una volta entrato, è stato peggio che andar di notte. Tutte le scrivanie erano popolate di facce mai viste. E al posto della povera Gina, anima bella, mamma di tutti noi, nella scrivania accanto alla mia c’era una che sembrava uscita da un film, abbagliante come una star. Al front office invece ci stava seduto una specie di tricheco baffuto e non più quella sventola di Raffaella, detta Raffaella Zeta Jones. E così tutti, l’un per l’altro.
Sostituiti con persone che non avevo mai visto.
Mi sono fermato in mezzo all’ufficio e dovevo avere un espressione che era tutta un programma, quando quella che era già una follia si è tramutata da un momento all’altro in una doppia follia.
Perché tutti i tipi sconosciuti hanno cominciato a salutarmi. Uno dopo l’altro.
Gioviali e gentili, come si fa con un vecchio compagno di merende.
Ho pensato “arrivo alla mia scrivania e chiamo un ambulanza. Mi faccio portare al Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura e chiedo in ginocchio di iniziare la terapia col Litio”. E’ stato in quel momento che ho visto Recani.
Recani al suo posto di sempre. Con il suo vecchio faccione insignificante e la sua espressione indifferente. Come uno scoglio, un asse galleggiante tra i marosi dopo il naufragio. Mi sono avvicinato e ci è mancato poco che non l’ abbracciassi.
“Recani! Tu sei qua!” ho quasi gridato.
Il vecchio collega mi ha guardato come si guarda la vittima di un’insolazione.
“Be’, anche tu sei qua, a quanto pare. Siamo tutti qua.”
Non ho fatto in tempo a replicare che la star della scrivania accanto alla mia mi ha apostrofato.
“Senti Falco, dice la Canetti se le porti quella famosa relazione entro mezzogiorno. Ambasciator non porta pena, io te l’ho detto”
Ambasciator non porta pena? Ma quella era la tipica espressione della Gina. Cosa stava succedendo? La Gina si era tramutata nella Lollobrigida?
Così ho deciso di far finta di nulla e ho provato a comportarmi come se niente fosse. Andavo alla scrivania di Panelli, il veterano dell’ufficio, e mi rivolgevo al ragazzino che la occupava come se stessi parlando al mio vecchio collega. E lui mi rispondeva a tono. Saggio e spiritoso come è Panelli. Poi telefonavo al tricheco del bancone e lui mi rispondeva con la voce sensuale e il modo di fare che erano tipici di Raffaella Zeta Jones.
Dopo un oretta di prove ho iniziato a capire a faccenda. Primo: tutti erano loro stessi ma avevano un aspetto diverso. Secondo: non sembravano esserne consci.
La giornata di lavoro ha cominciato a trascorrere così quasi normale. Fatto salvo il fatto che non potevo combinare niente. Non riuscivo a smettere di stupirmi della diversa metamorfosi che aveva trasformato ognuno dei miei colleghi. Persone belle erano diventate bruttissime e viceversa, alcuni anziani erano diventati ragazzi, ma non tutti, e certe maschere tristi erano il nuovo volto di persone notoriamente ridanciane. Alcuni uomini erano diventati donne e alcune donne, che erano la cosa più lontana da un uomo ci si potesse immaginare, adesso erano barbuti maschietti.
C’erano alcuni che erano cambiati poco, tutto sommato ancora riconoscibili nelle loro nuove fattezze, e altri, molti meno, che erano rimasti praticamente identici, come Recani. Ma la maggior parte di loro era molto diversa da prima.
A un certo punto non ce l’ho fatta più. Mi è presa una smania insopprimibile di controllare se la stessa cosa che vedevo succedere lì era capitata anche a tutte le altre persone che conoscevo e così ho dovuto lasciare l’ufficio prima del tempo con una scusa.
La prima cosa che ho fatto è stato andare a trovare la mia fidanzata. Tremavo all’idea di come l’avrei vista, non so perché. In cuor mio temevo fosse diventata bruttissima. E invece l’incontro con lei, se possibile, è stato ancora più sconvolgente. Non so spiegarne fino in fondo la ragione. Era sempre bellissima ma di una bellezza diversa, estranea, a me quasi incomprensibile.
Dopo di lei ho fatto visita a quasi tutte le mie conoscenze in una specie di pellegrinaggio che è durato fino ad un ora fa. Solo i miei genitori ho rimandato a domani, che me n’è mancato il coraggio. Alcuni dei miei amici sono stati vere sorprese, altri meno, ma non ho trovato uno solo che fosse rimasto come lo conoscevo.
Persino il mio cane che mi guarda adesso con aria perplessa, ha cambiato razza e colore.
E ora sono qui sul divano, nel silenzio, che sto a farmi battere il cuore e rimando il momento.
Anche se lo so già che alla fine dovrò presentarmi all’appuntamento.
C’è un tizio che mi aspetta impaziente da ore, a mezzo busto sopra il mio lavandino.
E io tremo alla sola idea di incontrarlo.

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