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Narrami o capsula del tempo isterico,
dei primati tecnologizzati
e piegati in scoliosi, al credito
di monolitici offertati
nelle quotidiane processioni verso un
nulla a prezzo fisso.
Concedimi inoltre di esternarmi dal regolamento etico,
dagli affoganti civilizzati e da tutti coloro
che aspirano il puzzo del monotematico.
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Le mani artigliate alla frontiera nevrotica,
strappandomi pezzi di ego da abbandonare
in miliare accumulo, spolpato dalla macina cronostica
affisso lo stendardo della lega postuma, abdicare
senza variabili di sostentamento in
nidificazioni di paranoie.
Il cranio deragliato dalla scogliera ottica,
ancora una volta, il mio pensiero sconfitto
cade a schiantarsi in un oasi di sale.
L O U D
Tocco taccio allaccio straccio aspetto
stringo, chiudo chiamo ricamo sgamo ometto
spingo, curo cario al contrario il divario immetto
stingo, pungo piango rimango fango al cospetto
slinguo, sfocio faccio bilancio sgancio il prospetto
e intingo lobotomizzati a ritmo minimale
nei mori mari di ossari e guari mentre infetto
e fingo, che tutto vada bene
che tutto vada bene
che tutto vada bene,
mentre ripeto un mantra e in assonanza danza l’assetto
solingo, di questo rotto ratto adatto dal tratto oggetto
e respingo, quote e quarte estratte in versetto
punto.
O V E R D R I V E
finiti i ludi gli urli infiltrati
ramificati e nudi i tarli confluiti
proibiti i voli e morsi stratificati
alterati i colti e soli fuggiti
sconfitti e rari gli orli braccati
accatastati o muti a solchi ingialliti
denutriti i nodi o arti spolpati
abbandonati e cupi e torvi anneriti
falliti i salvi i doli biascicati
attratti a nervi gli ultimi scanditi
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travolgente anima beat