Dighe

Bisognerebbe essere dighe
arrugginite tra le fughe
senza il timore dell’umidità
che si posa sugli occhi
non appena guardiamo la notte
con pelle stesa sui bordi
della steppa

versare il tempo tutto
dietro le pupille
in un soffio destinato
a posare l’alba nelle guance
e la falda del pallore
ad inseminare l’ossigeno
che si slaccia dal pulsare.

E rimanere stesi ad osservare il corpo
annuendo ad una foglia che in cielo vola
effimera, a disdire la gravità del suolo.

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