I
Se si cercasse l’indiscutibile
avrei la forza di uno stambecco
che custodisce il giubilo delle vocali
Non resterei fermento
ad avviluppare il nulla
ostinato come un fulmine
che si pianta nella terra
Ma ho trattenuto
a stento
il torbido delle parole,
poiché il glabro della punta
di una matita smussata
sgroppa con un cenno
la cultura ai dissennati.
Il senso sbiadisce
su un accento
mal interpretato
E la tolleranza
si oppone al limite
che ci circonda
II
Oggi ci sono
sentenze onnipresenti
Ogni sconforto è tabulato
impacchettato dentro un fagotto
ed esposto come un lumiere
alla fiera dei Freaks
Talvolta intavolo un binomio
tra euclideo e caos:
Le rotte, tra parole e popolo.
Infuriano guerre
nei bassi fondali
in un disordine
privo di geometria.
Oh non un gesto si applica
alla necessità,
Non un tozzo vibra ancora
sulle bocche affamate di verità
ingozziamo l’incompleto!
Il ciclo perfetto
esula
dagli scompigli gravitazionali
E noi siamo reclusi
in una gabbia
che fa difetto
a se stessa
III
Sono esausto
siamo esausti
come galassie
ci raffreddiamo
ci allontaniamo
Gli orizzonti che furono in Cesare
hanno striminzito confini
nella nostra percezione.
Abbiamo annusato il fracasso
di una Nova giunta all’ultimo bagliore
dove si racconta di millenni tesi
come funi e lo schianto
ancor prima delle nascite.
Come credere
a un futuro quieto
se ogni barlume
comincia esplodendo
Come credere
presuntuosamente
d’avere significanza e parole ?
Osservare il dardo che sfreccia
non rende al nostro suono
una via d’uscita
né alla nostra logica
l’immortalità
Osservare:
ci rende affini a quei cortili
in cui scarna il sole di tarda sera
ed il suo calore
è ormai spento, ormai finito
per ogni fiore