Dio mi salvi dalle unghie dei gatti
dal sudore degli occhi
dalle abitudini.
Dalle felpe di pile
dai guanti in lattice
dalle lamiere.
Mi salvi dai circoli e dalle accademie
da qualunque latitudine vengano i metalli, mi salvi.
Ciò dico e fingo mentre aggiorna
mentre la notte va scalza a morire
e le pantofole mi vanno strette.
Il miracolo è questa fine drammaturgia
questo singhiozzo d’acqua
che fa dannare il cielo
in un quaderno.
Qui si raccoglie il tempo in un’insidia
di argilla e vento
in una livida occasione d’amore
(sotto vocali e consonanti secche come chiodi)