Sveglia alle sette e trenta, come al solito, e andato, come al solito, tardissimo a letto.
La iena delle notti brade non sorride al risveglio. Scopato tre volte, con grassa pellerossa dal purpureo viso , come si dice, abbordata tra gli avanzi della notte, con imperiose tecniche audiovisive: “ La dea Kali del mio prossimo film”. Imbroglio nottambulo. A transumanza spermatica conclusa, fu rivelata a lei la verità, neanche tanto temuta: “Smisteremo insieme la posta” . Ho annusato per un po’ la sua scomparsa al risveglio; se n’era andata, naturalmente, coi suoi stracci di squaw alcolizzata e dollari 27 e televisore Mitsubishi seminuovo, dopo avermi svuotato anche il frigo, ovviamente, ma chissenefrega, chissenefrega, l’importante è la salute.
Me stesso: una morale da yankee ubriaco, turbamenti da faraone in sarcofago vivo, faccia messicana atrocemente vizza, fegato di scozzese al bicchiere della scuffia e queste flaccide natiche da negro, nell’iperspazio del su e giù pronte per il balzo incandescente: questi lombi da vero poeta.
Vedo: la Baghavad Gita, Newsweek, Dostoevskij, Penthouse ai piedi del letto;
ho dimenticato il verso sospirato nell’amplesso; ma leggo lo stesso su un foglio di carta, abbandonato fra il dentifricio e lo specchio:
“ Chi non crede nel divenire immortale dell’anima,
non credo sappia realmente cosa sia
un amplesso fortemente terrestre”.
A voce alta, per moltiplicare il silenzio.
Lungo il corridoio infine evapora Bukowski ,
arrivando all’impatto con la porta,
con già indosso il ghigno necessario
per affrontare il mondo e i suoi sgherri agenti
di lurida oscurità metropolitana.
Maggio 2005
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da” La Maya dei notturni”- Eugenio Cavacciuti (alias Ettore Fobo)- Kipple Officina Libraria- marzo 2006