Cristina Campo / Caffè letterario

Emmaus

Ti cercherò per questa terra che trema
lungo i ponti che appena ci sorreggono ormai
sotto i meli profusi, le viti in fiamme.
Volevo andarmene sola al Monte Athos
dicevo: restano pagine come torri
negli alti covi difesi da un rintocco.

Ma ora non sei più là, sei tra le grandi ali incerte
trapassate dal vento, negli aeroporti di luce.

nei denti disperati degli amanti che non disserra
più il dolce fiotto, la via d’oro del figlio…
*

Oltre il tempo, oltre un angolo

Troppe cose hanno accolto le tue palpebre
l’attenzione t’ha consumato le ciglia.
Troppe vie t’hanno ripetuta, stretta, inseguita.

La città da secoli ti divora
ma per te travede, sogno e sfacelo
di luci e piogge, lacrime senili
sulla ragazza che passa
febbrile, indomabile, oltre il tempo, oltre un angolo.

Ritorna! Gridano i vecchi di Santa Maria del Pianto,
la ronda della piscina di Siloè
con i cani, gl’ibridi, gli spettri
che non si sanno e tu sai
radicati con te
nel glutine blu dell’asfalto e credono al tuo fiore che avvampa, bianco –

poiché tutti viviamo di stelle spente.
*

Sindbad

L’aria di giorno in giorno si addensa intorno a te
di giorno in giorno consuma le mie palpebre.
L’universo s’è coperto il viso
ombre mi dicono: è inverno.

Tu nel vergine spazio dove si cullano
isole negligenti, io nel terrore
dei lillà, in una vampa di tortore,
sulla mite, domestica strada della follia.

Si stivano canapa, olive
mercati e anni… Io non chino le ciglia.
Mezzanotte verrà, il primo grido
del silenzio, il lunghissimo ricadere

del fagiano tra le sue ali.
*

Estate indiana

Ottobre, fiore del mio pericolo –
primavera capovolta nei fiumi.

Un’ora m’è indifferente fino alla morte
– l’acero ha il volo rotto, i fuochi annebbiano –
un’ora il terrore di esistere mi affronta
raggiante, come l’astero rosso.

Tutto è già noto, la marea prevista,
pure tutto si ottenebra e rischiara
con fresca disperazione, con stupenda
fermezza…

La luce tra due piogge, sulla punta
di fiume che mi trafigge tra corpo
e anima, è una luce di notte
– la notte che non vedrò –
chiara nelle selve.
*

Elegia di Portland Road

Cosa proibita, scura la primavera.

Per anni camminai lungo primavere
più scure del mio sangue. Ora tornano sul Tamigi
sul Tevere i bambini trafitti dai lunghi gigli
le piccole madri nei loro covi d’acacia
l’ora eterna sulle eterne metropoli
che già si staccano, tremano come navi
pronte all’addio…

Cosa proibita
scura la primavera.

Io vado sotto le nubi, tra ciliegi
così leggeri che già sono quasi assenti.
Che cosa non è quasi assente tranne me,
da così poco morta, fiamma libera?

(E al centro del roveto riavvampano i vivi
nel riso, nello splendore, come tu li ricordi
come tu ancora li implori).
*

da Ràdonitza (Annuncio della Pasqua ai morti)

Vento di primavera
traslucido come spada:
esilia dal sèpalo affilato
il boccio cremisi che ancora trema,
come dall’anima lo spirito,
il sangue dalla vena.
L’inverno, occulto stelo
che cullò le intenzioni, incubò le mortali esitazioni,
falcia senza un grido;
le psichiche vecchiezze recide
dalla terribile vita.

Da La tigre assenza, Milano, Adelphi, 1991.

Cristina Campo (pseudonimo di Vittoria Guerrini) nasce a Bologna nel 1923. Figlia di un musicista, viene segnata per tutta la sua vita da una malformazione cardiaca che rende la sua salute sempre malferma e le impedisce di seguire un regolare corso di studi. Trasferitasi a Firenze con la famiglia, Cristina frequenta gli ambienti letterari della città, dove conosce intellettuali del calibro di Mario Luzi, Gabriella Bemporad, Margherita Pieracci Harwell (che sarà poi la curatrice di molte sue opere postume), Gianfranco Draghi (che la introdurrà al pensiero di Simone Weil) e Leone Traverso. Trascorre una vita molto ritirata, e nella stesura dei suoi scritti si mantiene sempre indifferente agli apprezzamenti, ai riconoscimenti e alle esigenze del mercato letterario. All’attività di poetessa e scrittrice affianca presto quella di traduttrice dall’inglese: fra gli autori da lei tradotti ci sono Katherine Mansfield, Virginia Woolf, John Donne, William Carlos Williams e Simone Weil. Negli ultimi anni della sua vita vive un’esistenza ancor più appartata e si dedica all’approfondimento delle tematiche del sacro e della spiritualità: diviene una cattolica fervente e rigorosamente ortodossa, tanto da opporsi alle riforme del Concilio Vaticano II. Il suo stile poetico, ancor oggi particolarissimo, è tutto proteso a far coincidere la parola con il suo significato più profondo, rifuggendo da tutto ciò che appare scontato o superfluo. Tra le sue opere ricordiamo le raccolte poetiche Diario bizantino e altre poesie (1977) e La tigre assenza (postuma, 1991), oltre ad una ricca produzione di prefazioni, traduzioni, saggi e lettere. Muore a Roma nel 1977.

Donatella Pezzino

(Immagine: “Donna con aragosta” di Paola Consolo, 1920)

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