Cronache di quartiere: il campetto

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E pensare che ai tempi, si credeva anche di essere sfigati.
Il nostro peggiore incubo era svegliarsi al mattino con le ginocchia dolenti dal giorno prima e ritrovare l’amichetto sotto con un pallone in mano.
Il citofono squillava già alle 8.00 e c’era sempre qualche caga cazzo che non dormiva d’estate e che pensava bene di andare a svegliare tutti per giocare nel campetto di fango davanti a casa.
Noi si era molto fortunati, mi ripeto tuttora. Avevamo a disposizione un ettaro buono di terra ed erba su cui andare a sbrindellarci i pantaloni e riempirci le scarpe di fango.
Le mazzate si sapeva, erano assicurate al ritorno a casa, poiché puntualmente si lasciava tutta la scala imbrattata di fango e merda di vacca .
Le mamme dei tempi erano poco inclini a raccogliere merda, e quindi giù di mazzate e lancio di oggetti vari.
Ora… non che io non avessi assicurata la mia dose giornaliera, se non era fango era qualcos’altro .
Una volta ricordo che presi un grande sasso e per ‘giocare’ lo lanciai dal parapetto giù nel cortile sulla testolina dell’amichetto di turno.
Ci fu tanto sangue, e lacrimoni … ma ricordo bene il clima di terrore a casa la sera. Perché sapevo che da lì a poco, sarebbe arrivato il papà o la mamma del ferito per raccontare vigliaccamente l’accaduto ai miei genitori. Sapevo e tremavo, nascosto in camera; in silenzio… Fiato corto, mani tremanti pronto ad inventare mille scuse come un cobra.
<<Papà mi è caduta la pietra>> avrei mormorato.
<< mamma è lui che si è posizionato in traiettoria!!>> avrei implorato.
Tutte stronzate ovviamente, come anche ovviamente sapevo, che qualsiasi fosse la mia Verità,
non avrebbe sortito alcun effetto.
La cosa sarebbe sicuramente sfociata in un salasso di mazzate in due round.
Round primo: Mammà feroce e armata di cucchiarella.
Round secondo: Padre tranquillo con mani pesanti.
Io temevo normalmente sempre il primo round, perché mia madre era priva di compassione e i miei occhioni da bimbo impaurito non gli sfioravano una coronaria neanche a distanza, mentre mio padre… eh sant’uomo, al massimo mi ficcava uno sganassone sul naso, un po’ di sangue una luce bianca e finiva tutto così.
Ricordo che c’era anche chi era più sfortunato di me.
Raffaele era un amico di quelli speciali, io e lui ci si incontrava spesso nel cortile e insieme a tutti gli altri si andava a rubare dal contadino di fianco a casa.
Rubavamo normalmente pannocchie acerbe, quelle bianche e dolci che poi facevano venire la cagarella a spruzzo.
E che sapore avevano quelle pannocchie dopo la corsa a perdifiato con la Bici… Un giorno il contadino uscì armato di fucile e sbraitando tutti i santi ci sparò alle spalle mentre fuggivamo in bici.
Il fucile era armato a sale grosso e ci colpì sul culo.
Tutti e due cademmo per terra come due coglioni. Il culo ci bruciava come se avessimo poggiato le chiappe su una piastra rovente.
Dopo le bestemmie e i calci in culo il Buon cattolico Contadino, ci riportò a casa con il suo camioncino e non contento del dolore già inferto, pensò bene di redarguire e rimproverare i vecchi, della nostra buona educazione.
Raffaele non lo vidi per 2 giorni, ma lo rincontrai a scuola il mattino del terzo giorno. Il suo occhio destro era pesto come una melanzana e sulla guancia sfoggiava l’impronta evidente di un bel fibbione.
Cazzo! La forma era così ben distinta, che si poteva tranquillamente leggere la marca della cinta.
Povero Raffaele, che enorme sfiga nascere da un Padre poliziotto mi dicevo. Ricordo bene che noi tutti temevano suo padre. Era un uomo dagli occhi stretti e che facevano paura.
Si vociferava che tutti i giorni picchiasse violentemente la moglie oltre che i figli.
Io lo ricordo mentre rientrava a casa dal lavoro. Tutto vestito all’ultima moda dei poliziotti, con tanto di pistolone nella fondina.
E anche gli adulti osservavano spesso con compassione donna Rita, sempre emaciata, lividi a macchie sul volto, sul collo… sulle braccia.
E pensare che ai tempi, si credeva anche di essere sfigati…
E non si parlava mai di queste cose, come non si parlava mai neanche di padre Livio, che si divertiva a palpeggiare i ragazzini in canonica…
Già…
Mi chiedo che fine abbia fatto Raffaele…
So che ora vive lontano dal Paese.
Dicono che fa il poliziotto
e che rientra a casa tutte le sere
sempre in divisa.

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