Cronache di quartiere: La tavola imbandita

Broderie suisse tovaglia  (4)

Ricordo delle sere, la tavola imbandita scarsamente, la tovaglia, di quelle che si usavano una volta, a quadrettoni di cotone, sempre con qualche bella patacca sopra il bianco candido.
Mamma, bestemmiava e fumava, imprecava tutti i santi in ordine cronologico per le benedette patacche, poiché rovinavano la bellezza della sua tavola; ma si sa, un tempo, non esisteva il concetto di usa e getta, e le tovaglie dovevano durare, come anche i tovaglioli, anch’essi di cotone.
Io, me ne stavo sempre seduto a guardare la televisione, di solito prima delle otto, davano qualche programma per bambini e poi noi, si doveva aspettare il Vecchio che tornasse da lavoro prima di cominciare a mangiare.
Ora… tutte le sere la meccanica era simile. Mamma cucina, sorella grande camera, io televisione; poi, il rumore delle chiavi che interrompeva il silenzio e le bestemmie di Mà.
Entrava lui: il tizio del lavoro, il tizio padre, colui che aveva sudato tutto il giorno e che era coperto di polvere di legno fino alla testa.
Noi si stava sempre in silenzio durante la cena, perché il tg della rai doveva essere per il tizio che Lavora, una sorta di ecumenico ristoro. Le notizie scorrevano come sempre, anche oggi sono perfettamente uguali ad allora; tutta una valangata di immense cazzate per rabbonire i polli al di là dello schermo. Io ero molto piccolo, ma ero già perfettamente a conoscenza di questa ruminante contrattura di coglioni che mi dovevo sorbire ogni sera…
Mamma invece, era sempre incazzata. Cazzo! In quel poco tempo concessoci, non credo di averla mai vista una volta serena. Lei era un peperino rosso, (come affettuosamente la chiamava Pà) e aveva sempre qualche cosa che non le andava giù.
Una volta erano i soldi, un’altra volta era il macellaio… quella sera in particolare, era la fottuta tovaglia a quadri.
E Mà riusciva sempre ad esasperare tutto , riusciva con il suo fare incazzoso a trascinare la discussione così in vetta, che alla fine, in qualche modo, scattava sempre il litigio.
Non rimaneva molto alla fine… quattro bestemmie, quattro cazzottoni paterni sopra il tavolo, e tutto, mentre noi si mangiava.
Era la normalità, così funzionava e così doveva essere. A pensarci bene, non credo avrei potuto digerire in modo corretto senza la scenata serale.
La faccia rossa di papà poi, era una caricatura dell’incazzatura. Gli si gonfiavano le vene sul collo e cominciava a sbraitare, di questo e quello, di sopra e di sotto, mentre mamma lo aggrediva come un mastino di 200 Kg difronte ad una bistecca di manzo.
Questa, era la mia famiglia, fin tanto che è durata, e spesso nonostante non nasconda che ai tempi era una vera frantumazione di palle, mi ritrovo a pensare con malinconia alle serate intorno al tavolo.
Mi succede spesso, quando incontro una bella macchia su una tovaglia bianca.
Già… come se quella macchia fosse uno dei tasselli portanti della mia fanciullezza e il profumo di cucina in qualche modo, mi regalasse un piccolo balzo indietro nel tempo.
Dove
nulla si gettava via, perché doveva durare.
Forse, anche l’amore…

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