da “Indefinito canone” (raccolta inedita)

 

Andante con moto

 

(stabat mater gioiosa e me ne andai

per non vedere una qualsiasi notte

attraversarmi e confondersi in me)

 

Stabat Mater lagnosa e costipata

e allora mi accompagnai volentieri

al riposo delle cagne stracche,

e ai loro sogni legati a catene

e trascorse stagioni venatorie.

Stabat Mater alla scogliera calma,

e posero le braccia lungo i fianchi

le arabe sirene, e fui sordo al gemito

per poter dichiararmi nuovo e arcaico

senza dire “peccato, non sei qui”.

Stabat Mater pruriginosa e sfatta

d’ombretto dissolto in laghi di birra,

così che implodesse al minimo il cranio

senza i clamori che il mondo conobbe

al momento del parto di un cetaceo.

Stabat Mater corrosa dai lunghi anni

gridati alle orecchie e scritti sugli occhi,

e per questo dovrei prenderla a male?

I baci ai fanti, le bestemmie ai santi

con gli amorazzi muti in gioventù.

Stabat Mater musiva nel tassello

mancante all’ultima decostruzione,

come fœmina ridens che risucchia

con lena e dolore i cazzi più giovani:

dei giorni di poesia si dirà ben oltre.

Stabat Mater gloriosa accanto ai numi

perduti a nascondarella fra i templi

fecondati dagli uomini più increduli;

mi pareva così miracoloso

che i vaffanculo avessero statuto.

Stabat Mater curiosa della terra,

della sua pancia piena di rovine

e scritture impelagate in formali

ossequi alla natura del ‘che ora è’

e del vino che non mi ubriacherà.

Erit Mater vertiginosa, credo,

con i piedi esultanti sulla sabbia,

col consueto rivolgersi agli oracoli,

col bianco sapore di un bacio avviato

all’estinzione tra i bordi del cielo.

Loading

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.