A voce bassa leggiamo poesie
per non coprire il flatus cicalante
degli urogalli al mordoré incessante
di fine giorno. Il sole, per vie
ligustri, sghisa lingue di foschie
sulle spalle inferme dell’ansimante
costiera allorché la falce insinuante
dell’ara mundi risuona le mie
iniziali tracce impresse sul nome
tuo affidato a un passato mai avvenuto.
Perdiamo la chiave di svolta a cena,
una ridda di nomi addietro, come
per caso ritroviamo il tuo caduto
nell’acquaio esposto alla luna piena